Care amiche ed amici, oggi vi propongo una riflessione intorno ad un grandissimo personaggio, El Ghazali, fondamentale nel suo aver saputo ricucire le fratture profonde tra le posizioni intransigenti dell’ortodossia islamica e la musica o, meglio, il fare ed il vivere la musica.
Nato a Tus nel 1058 (anno 450 del calendario islamico) scrisse, tra le numerose e pregevolissime opere, un trattato intitolato “Il concerto mistico e l’estasi” in cui, come appena accennato, riconciliò le fratture tra la musica e i fautori più rigidi dell’Islam (1).
Si racconta che il mistico Al-Junayd riuscì, una volta, a farsi dire da Iblis, il diavolo, come facesse a vincere la resistenza degli uomini, attirandoli a sé. Due erano le occasioni più propizie, disse Iblis: quando gli uomini ascoltavano musica e quando discutevano di questioni teologiche.
Questo ci riporta all’antico timore che i religiosi islamici nutrivano nei confronti della musica e del suo potere seduttivo sugli uomini che, trascinati dalle emozioni, rompevano i freni inibitori, lasciandosi andare a comportamenti dissoluti. Anche vari giuristi, nel corso dei secoli, si sono pronunciati contro la musica dichiarando inaffidabili le testimonianze di persone dedite all’ascolto e alla pratica musicale.
Eppure, nel Corano, non ci sono invettive contro la musica! E allora?
In effetti, non sono la musica, gli strumenti, il canto o la poesia ad essere illeciti, bensì l’uso che se ne fa e “ciò che di negativo si ricollega ad essi nella mente e nel comportamento effettivo di uomini dissoluti o potenzialmente tali”(2). Le persone del volgo, dice El Ghazali, sono facilmente attratte dal contorno amorale che ruota intorno alla musica, e ne assimilano le caratteristiche negative.
Al contrario, la musica può mostrare all’orecchio attento l’armonia e la bellezza del creato, diventando un mezzo potente e sublime per lasciarsi guidare dall’amore di Dio.
El Ghazali ebbe il grande merito di sapersi porre al di sopra delle sterili dispute tra i favorevoli e i contrari alla pratica musicale, consapevole che proseguire su quella strada non avrebbe portato a niente. Il suo grande merito è stato di aver riconosciuto la vera natura del problema, che non sta nei suoni e nella pratica musicale bensì nell’uso che se ne fa. Del resto non possono essere sconvenienti i suoni in sé, dal momento che sono stati creati da Dio!
Purtroppo, nella memoria secolare hanno dominato i ricordi risalenti all’era pre-islamica, addirittura, quando musica-danza-vino-sesso erano strettamente collegati e riconducibili a luoghi specifici come le taverne e alle donne, le schiavi-cantatrici chiamate qaynat.
Gli esseri umani creano un “recinto di protezione” intorno ai temi scottanti, come disse lo stesso El Ghazali: “Non esiste un luogo protetto senza un recinto che lo circondi”.
Quanto sia grande questo recinto, dipende molto dalle epoche storiche e dalle tensioni sociali, come la storia ci ha insegnato, anche in periodi recenti.
Cinzia Merletti
Note:
(1) Per chi volesse saperne di più, ho dedicato un capitolo intero ad El Ghazali ed “Il concerto mistico e l’estasi” nel
mio “Uno sguardo musicale sul mondo arabo-islamico”, MMC Edizioni, Roma, 2006, cap.5 della Seconda Parte.
(2) Merletti C., “Uno sguardo musicale sul mondo arabo-islamico”, MMC Edizioni, Roma, 2006, pag. 197
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