Dal blog Con altre parole di Beatrice Tauro
“Chiunque compia un viaggio in Siria sa come parte, ma non sa come torna. Perché la Siria è una terra che ti cambia dentro, che ti fa vibrare l’anima, che ti mette in contatto con un ricordo ancestrale che non sapevi nemmeno di avere, come se fosse l’origine della vita e della storia stessa dell’umanità”.
Queste parole le leggiamo nella prefazione, scritta da Asmae Dachan, del volume “La mia Siria. L’umanità che resiste” di Rosanna Sirignano, pubblicato per la Villaggio Maori Edizioni nel 2018.
È un libro testimonianza, nel senso che l’autrice vi ha raccolto racconti di vita di siriani e italiani. Vite che si incrociano sulle strade di un paese ancora non sconvolto da una lunghissima guerra, vite che si ritrovano al di fuori del paese dopo lo scoppio di ostilità che hanno stravolto le esistenze di molti, di tanti, siriani e non.
A cominciare proprio dalla Sirignano, che racconta anche la sua Siria, un paese che le ha cambiato la vita, profondamente. L’autrice ripercorre insieme ai suoi interlocutori le vicende drammatiche che hanno portato alla guerra, vivendo le medesime paure, soffrendo gli stessi dolori e nutrendo pari speranze in un futuro di pace, libertà e rinascita.
“Questo libro non farà luce sulle motivazioni e le dinamiche della guerra che da sette anni lo stanno dilaniando. Dunque di cosa parla? Parla di incontri, di emozioni, di ricordi, parla di me e di come la Siria ha cambiato la mia esistenza, la nostra esistenza”. Quasi a scusarsi per aver scritto l’ennesimo libro che parla di Siria, la Sirignano ci fornisce una spiegazione a questo suo lavoro che ce lo fa amare fin da subito, prima ancora di averlo letto. L’autenticità dei sentimenti che racconta, delle emozioni che mette nero su bianco portano il lettore a immergersi nelle atmosfere di un paese accogliente, caloroso, vibrante di vita: la Siria prima della guerra. La Siria nella quale molti giovani italiani si sono recati per motivi di studio “Insomma, io ero una dei tanti studenti di arabo che hanno trascorso un periodo di tempo in Siria per studio, una dei tanti che torna in Italia con la valigia piena di spezie, souvenir e foto da mostrare a parenti e amici”. Ma in realtà non è stato solo questo.
La Siria per l’autrice è diventata una casa spirituale, un luogo nel quale trovare la propria dimensione mistica, una dimora di fede, quella fede islamica alla quale si è convertita. Questo profondo cambiamento interiore ha fatto sì che la Siria diventasse una parte essenziale della sua esistenza, divenendo quasi un simbolo, un valore di riferimento, fra realtà e immaginazione, in una dimensione che ha accomunato molti di coloro che amano questa terra perché vi sono nati o di quelli che se ne sono innamorati strada facendo.
E allora ecco la testimonianza di Angelica, italiana sposata con un siriano, tornata in Italia dopo il 2011 che racconta di come ogni notte, quando chiude gli occhi, si ritrova magicamente a Damasco, in quella che era diventata la sua città, la sua nuova casa, che aveva dovuto abbandonare quando sono iniziate le ostilità. O ancora le parole di Sofia, giovane donna barese “La mia Siria è per me un amore impossibile. Ha significato un’apertura a una nuova cultura, attraverso una persona che ho conosciuto quando era già iniziata la rivoluzione, nel 2012”. Matteo, Stefano, sfilano uno dopo l’altro i ricordi di quanti hanno vissuto parte della loro vita in terra siriana, ripercorrendo i momenti allegri e spensierati di studenti di arabo, e tracciando poi il graduale percorso verso lo svuotamento delle città a causa della guerra “Damasco sembrava una città Erasmus, era la città araba meno cara dopo Il Cairo, con una qualità della vita nettamente migliore. Era una città viva, che pullulava di vita sociale, ma nel giro di una settimana tutte le persone che facevano parte della mia quotidianità sono sparite”.Poi è la volta dei siriani, come Omar, Mohammad, Lamia. Ognuno vive il dramma della diaspora, della lontananza dalla propria terra, con il cuore affogato nella nostalgia per un paese nel quale si viveva bene, si avevano opportunità di studio, di lavoro. Dove la vita scorreva serena. Ora le loro vite sono altrove, in Europa, riadattate a nuove culture, nuovi spazi, nuovi climi, atmosferici e non. Con la consapevolezza che nulla sarà più come prima perché la guerra non ha solo prodotto macerie fisiche, non ha ferito solo le città, i palazzi, i monumenti, la guerra ha lacerato gli animi di coloro che sono fuggiti, che magari hanno lasciato parenti e amici e ne hanno perso le tracce, ha distrutto speranze e futuro. “La Siria per me è una perdita, qualcosa che ho perso e che vorrei riavere indietro” dice Lamia, ma a questa consapevolezza si contrappone la necessità di lottare per non perdere quello che è riuscita a costruire in Germania. Insomma una situazione che non presenta vie d’uscita, intrappolata in una realtà che non si vorrebbe ma che si deve mantenere e difendere per non sprofondare definitivamente.
Scorrere le pagine di questo libro ci proietta in una condizione di profondo sconforto, per tutte le persone che hanno subito gli eventi brutali della guerra, che sono stati costretti a fuggire per avere salva la vita, che ad oggi non intravedono la possibilità del ritorno. Una dilagante nostalgia accompagna ogni riga di questo volume, nel quale tuttavia non mancano semi di luce e di speranza, come la citazione delle parole di padre Paolo Dall’Oglio, incontrato dall’autrice “Un uomo porge un piatto di burghul a padre Paolo e lui ringrazia: «ysalem idek», poi si rivolge a noi italiane dicendo: «Che Dio salvaguardi le tue mani, che bello il siriano! Sentite come è bella questa espressione: qualcuno mi dona qualcosa e io mi auguro che le sue mani siano benedette»”.
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