Articolo di Katia Cerratti
Voleva fare musica a tutti i costi Mehdi
Rajabian, ci ha creduto fino in fondo e malgrado il carcere e i tentativi
del regime iraniano di imbavagliarlo
e di mettere a tacere il suo setar, la sua tenacia è stata premiata: ieri ha
vinto la Medaglia d’Argento del prestigioso
Global
Music Awards per il suo album Middle Eastern, realizzato con 12 artisti che fanno musica contro la guerra
e lottano per i diritti umani: Arslan
Hazreti, Yousuf Alluwaihi, Soroosh Nematollahi, Basem Hawwar, Sakhnini Brothers,
Yarub Smarait, Mohamed Saed, Hussain Alhaddad and Omar Teymoorov.
Un album concepito
in prigione e uscito nel marzo scorso dopo un anno di lavoro, frutto della
collaborazione tra artisti che hanno conosciuto la guerra, la prigione e la
continua violazione dei diritti umani. Nonostante i rischi cui
vanno incontro quotidianamente gli artisti iraniani a causa della feroce repressione
messa in atto da Teheran, Mehdi, dopo due anni di carcere con l’accusa di
propaganda contro il sistema e attualmente in libertà vigilata, non si è mai
perso d’animo e tra uno sciopero della fame e un ricovero in ospedale per le
precarie condizioni in cui versava a causa della detenzione, ha continuato a credere
nel suo progetto, anche quando si è trovato solo perché molti musicisti e
produttori iraniani per paura evitavano di lavorare con lui. Mehdi ha deciso di continuare
il suo percorso, quello iniziato nel 2008 con la sua casa discografica, la
Barg, attraverso la quale ha dato voce agli artisti indipendenti e anche alle
donne che non potevano cantare in pubblico e che non a caso saranno il tema
centrale del suo prossimo album.
Un riconoscimento dunque, quello del Global Music Awards, che oltre al talento artistico, premia il coraggio, il coraggio di sfidare la repressione, di registrare un pezzo durante un bombardamento ma soprattutto il coraggio delle idee, quelle idee di libertà che Mehdi continuerà a difendere ad ogni costo: “Voglio battermi per la libertà, anche se questo dovesse riportarmi in prigione”.
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