Come anticipato, ecco la seconda parte dell’intervista ai ReaGente 6: oggi parliamo con l’altro componente arabofono del gruppo, il tunisino Marwan Samer.
C.: Marwan Samer, bentornato fra noi di Arabpress. Stavolta ti ho cercato perché fai parte del gruppo “ReaGente 6”, che ho recentemente intervistato. Seguo anche le tue attività musicali e vedo che hai suonato in numerosi concerti con Eugenio Bennato, con Marzouk Mejri ed altri ancora. Tu sai che cerco sempre di ascoltare i punti di vista di persone diverse, nell’ottica del dialogo e dell’incontro profondo fra identità umane e culturali. La musica può esprimere bene tutto questo, no? Abbiamo conosciuto, nella prima parte dell’intervista ai “ReaGente 6”, la vostra proposta musicale… e umana… a proposito di chimica tra identità diverse. Abbiamo letto l’intervista a Fabio Di Biagio, ad Esharef Ali Mhagag, ed ora tocca a te! Parlaci di questa tua esperienza, e poi andremo anche a conoscere meglio le tue recenti collaborazioni.
M.: Innanzitutto desidero porgere un caloroso saluto ai lettori di Arabpress e ringraziare Cinzia Merletti per l’impegno che mette nel promuovere l’incontro di culture e il dialogo tra popoli diversi. La mia collaborazione con il gruppo “Reagente 6” è un’esperienza di cui vado particolarmente fiero perchè è un gruppo che riesce a armonizzare generi musicali diversi quali il pop, il jazz, l’etno, il funck e la musica elettronica, creando in ogni brano un caleidoscopio di ritmi dai colori e timbri che fondono sonorità occidentali, orientali, africane e mediterranee. Quando il fondatore del gruppo, il tastierista Fabio Di Biagio, mi ha proposto di far parte del loro ultimo progetto artistico per apportare il mio contributo a questa straordinaria miscela di energia che forma l’alchimia dei “6 reagenti”, ho aderito con grande entusiasmo, nel comune desiderio di realizzare una contaminazione musicale in chiave orientale, grazie anche alla presenza nel gruppo del cantante libico Esharef Ali Mhagag e all’impostazione del percussionista Ivano Fortuna, fortemente influenzato dai ritmi della musica popolare, africana e indiana.
C.: Marwan, cosa hai portato, tu, dentro il gruppo?
M.: La mia sfida con i “Reagente 6” è stata quella di far vibrare le corde dell’oud e le note di
antichi mawwal arabi ai ritmi della musica elettronica. Da questa fusione è nato l’album “Reagente 6 Live!”, disponibile anche online sul sito, frutto della nostra esibizione alla
Casa del Jazz di Roma nell’Ottobre 2013 e che ha visto la straordinaria partecipazione di musicisti di fama internazionale, quali il sassofonista David Jackson e l’indiano Amitt Chatterjee, celebre bassista di Joe Zawinul. È stato straordinario vedere esibirsi sul palco della Casa del Jazz tanti rapprensentanti di diversi paesi: Italia, Gran Bretagna, India, Tunisia, Libia, che attraverso la magia della musica sono riusciti a far confluire le loro diversità in un’armonia di suoni che il pubblico ha molto apprezzato. Proprio sul motivo della diversità e della ricchezza di cui si fa portatrice è ad esempio ispirato il brano “The
Black Swon”, da me eseguito insieme alla straordinaria voce di Amitt Chatterjee, mentre altri brani come “Halal”, eseguito da Esharef Ali Mhagag, per restare in tema di voci arabe, esprimono la drammaticità degli ultimi eventi che hanno coinvolto la sua amata Libia. All’abilità e professionalità del tastierista Fabio di Biagio, del bassista Mario Mazzenga, del chitarrista Giacomo Anselmi, oltre ai già citati musicisti, è dovuto il successo di questo meraviglioso progetto che possiamo definire di jazz fusion, una forma d’espressione artistica che è stata da sempre oggetto dei miei interessi musicali e che in qualche modo trova riscontro anche sulla scena araba, nelle esperienze di alcune sperimentazioni musicali di artisti come Ziad Rahbani e Cheb Khaled, il primo improntando di venature jazz la musica classica araba orientale, e il secondo adattando coraggiosamente i generi Chaabi e Ray algerini ai ritmi funk e pop occidentali.
C.: Questo è molto interessante! In effetti conosco vari musicisti del mondo arabo, soprattutto del Maghreb, che sono molto aperti nei confronti del jazz, ad esempio. Immagino che il tuo interesse verso altri linguaggi musicali (intendo “altri” rispetto a quelli tradizionalmente adottati in Tunisia), fosse precedente all’incontro con Fabio Di Biagio ed il suo gruppo!
M.: Sì, in effetti la commistione di culture artistiche diverse, oltre che di stili differenti, è
sempre stata al centro della mia ricerca musicale fin dai miei esordi, che ho avuto modo di consolidare nelle mie precedenti collaborazioni a Parigi con artisti del calibro di Alpha Blondi e dello stesso Cheb Khaled, che ho avuto l’onore di accompagnare con il mio oud per circa 5 anni. Per questo motivo non trovo nessuna contraddizione nella mia tendenza a spaziare dalla musica folkloristica tunisina, che richiama le mie radici, a stili e timbri più contemporanei o di terre lontane. Vi invito per questo a venire ad ascoltare la nostra prossima esibizione il 24 Settembre al “Progressivamente” Free Festival presso il Planet Live Club (ex Alpheus) di Roma. Provare per credere!
C.: Bene, puoi davvero vantare esperienze e collaborazioni di tutto rispetto. Ricordiamo anche quella con i Milagro Acustico e quella, recente, con Eugenio Bennato. Proprio perchè sono curiosa di approfondire quest’ultima parte, rimando le tue risposte alla prossimo articolo. A prestissimo!
Cinzia Merletti
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