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Palestina: poesia di Sharif S. ElMusa, ai prigionieri nelle carceri israeliane

Egypt Independent (15/05/2012). Dal 17 aprile sono stati circa 2000 i palestinesi nelle carceri di Israele ad aver intrapreso uno sciopero della fame a oltranza, in protesta alle condizioni della loro detenzione. Lunedì è stata diffusa la notizia di un imminente piano mediato da Egitto e Autorità Nazionale Palestinese con Israele per rispondere alle richieste dei detenuti. Molti hanno celebrato la notizia come una vittoria dell’integerrima resistenza dei prigionieri.

 

Il poeta palestinese, nonché professore di Scienze Politiche, Sharif S. ElMusa, ha scritto la seguente poesia, in tributo ai prigionieri delle carceri israeliane:

 

Sopravvissuto

 

Quando sono entrato nella cella

 

ho guardato il soffitto

 

si muoveva

 

stava venendo giù

 

tormentandomi

 

ho fumato una sigaretta

 

e con un’altra

 

mi sono toccato il naso

 

come per ricordare a me stesso perché fumavo

 

mi giravo e rigiravo il mozzicone ancora in bocca

 

come qualcuno che passa al setaccio i suoi pensieri vaghi

 

certi giorni ne ho aspirate quattro pacchetti

 

e ho buttato fuori una dozzina di demoni

 

 

Ho tenuto un secchio d’acqua accanto a me

 

per inumidire la mia bocca secca

 

raffreddare le mie budella in subbuglio

 

e tenere bassa la mia pressione

 

quando ho mangiato i miei occhi hanno fissato un punto distante

 

lontano dal cibo marcito

 

ho cantato canzoni per ricordare

 

il bagliore della luna

 

frutto maturo dell’estate

 

ho ascoltato la sua voce di Sirena

 

due toni sotto

 

la voce della donna diurna

 

ho sentito che ero il marinaio predestinato

 

prima che giungesse la mia ora

 

 

Uno che è dentro mi ha confidato

 

che quando il suo compagno di cella ha perso la testa

 

lui ha chiesto alla guardia

 

di dargli solo un momento

 

in cui si è inginocchiato al cospetto della testa persa

 

l’ha baciata

 

l’ha tenuta a sé contro il suo petto

 

e ha detto alla guardia

 

di fare ciò che era pagato per fare

 

 

Quando sono ritornato al mio buco

 

ho sentito i passi della guardia

 

avvicinarsi alla porta d’acciaio

 

ho alzato la testa

 

e ho guardato l’insinuarsi del soffitto.