E per i siriani che sono in Siria?

Di Eyad Abu Shakra. Asharq al-Awsat (08/09/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.

Vladimir Putin non si stanca mai. Dalla Russia sta ancora promuovendo un “piano di pace” in Siria che mantenga Bashar al-Assad e i suoi sostenitori come parte integrante della “soluzione” per il Paese. Eppure l’unica “soluzione” che Assad ha cercato sin dal marzo 2011 viene meglio descritta con l’espressione “fuga in avanti” verso più uccisioni, distruzione e disintegrazione. L’Iran è impegnato nel ridisegnare la mappa demografica della Siria e chi ha piantato i semi di Daesh (ISIS) nel Paese sta ora raccogliendo i frutti dei loro crimini in termini del passato, presente e futuro devastati della Siria.

La sofferenza degli ebrei non si è conclusa in Europa centrale se non dopo la sconfitta definitiva dei nazisti. In senso analogo, la sofferenza dei siriani non vedrà mai la fine e i flussi di rifugiati non si fermeranno se non si farà qualcosa che vada alla radice della loro pena: far cadere il regime responsabile del genocidio in atto. Questa è la verità nuda e cruda. Accogliere i rifugiati siriani nei Paesi che raggiungono è certo un passo necessario e un obbligo morale. Ma la loro crisi ha una fondamentale dimensione politica e come tale richiede di essere affrontata, e non in quanto “disastro naturale” come se fosse una carestia, un terremoto o una inondazione.

Il problema è politico e la soluzione dev’essere politica: toglierne l’autore dall’equazione. Questa è la condizione primaria per una strategia politica appropriata e comprensiva che miri, in primo luogo, a ricostruire la Siria e ciò che resta del suo tessuto sociale e nazionale danneggiato. Ed in secondo luogo che faciliti la guerra contro il terrore e l’estremismo, entrambi emersi come reazione all’ingiustizia e alla repressione prima di trovare sponsor maligni che li hanno usati e sfruttati.

Di certo non basta accogliere i rifugiati se nel frattempo le Guardie Rivoluzionarie dell’Iran dispiegano combattenti di diverse nazionalità perché perpetrino pulizie settarie e poi negozino uno scambio di popolazione, come stiamo vedendo in diverse zone tra cui la città siriana di Zabadani. Perché questo restare a guardare significa aiutare Assad e i suoi sostenitori iraniani a raggiungere il proprio scopo di partizione della Siria. A peggiorare le cose c’è il continuo rifiuto da parte dell’Occidente (vedi gli Stati Uniti) di stabilire zone sicure nel nord e nel sud della Siria.

Ciò incoraggia gli scontri settari, alimentando altro terrorismo e distruggendo giorno dopo giorno quanto resta dei comuni denominatori che ancora sostengono la coesistenza tra le comunità siriane. Per descrivere la gravità della situazione attuale, non trovo nulla di più appropriato delle forti parole usate dal comandante musulmano Tariq ibn Ziyad nell’attraversare lo Stretto di Gibilterra, quando disse ai suoi: “Non c’è scampo: il mare è dietro di voi, ed il nemico vi è davanti!”.

Eyad Abu Shakra è il caporedattore di Asharq al-Awsat.

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