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Atei per protesta

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Dal blog In poche parole di Zouhir Louassini

di Zouhir Louassini. L’Osservatore Romano Settimanale (24-08-2017).

La rabbia non ha mai risolto un problema. Quando leggo la quantità enorme di offese contro i musulmani a ridosso di ogni attentato terroristico mi rendo conto che siamo lontani anni luce dalla fine di questo incubo che sta distruggendo la nostra umanità.
Il musulmano che non ha niente a che vedere con il terrorismo, ossia la stragrande maggioranza dei fedeli nell’islam, si trova così vittima due volte: quando qualcuno assassina in nome della sua religione e quando altri gli danno la colpa per un crimine che non ha mai immaginato di commettere. Peggio, c’è chi gli chiede di dissociarsi da un atto barbaro condannabile da qualsiasi persona con un minimo senso di appartenenza al genere umano. Chi fa questo tipo di richieste non ha mai capito che per dissociarsi bisogna associarsi prima.

I jihadisti in questo contesto non possono che essere soddisfatti del risultato della loro strategia. In Gestione della barbarie, il vademecum dei terroristi dello Stato islamico, si legge chiaro e tondo che uno degli obiettivi principali degli attentati in Europa è fomentare l’odio contro i musulmani. L’ostilità contro l’islam significa più adepti alla loro cultura di morte.

E non bisogna essere ciechi. In occidente c’è chi approfitta di ogni attacco terroristico per diffondere messaggi d’odio. Lo fa in modo massiccio e ben organizzato mischiando tutto: immigrazione, rifugiati, ius soli, politica interna, senza alcuna intenzione di trovare soluzioni ai problemi. L’unica cosa che gli interessa è cavalcare l’onda emotiva per avere più consenso. Il terrorismo jihadista è un problema troppo serio per essere affrontato con demagogia e banalità. L’uso strumentale del fenomeno danneggia tutti i valori del nostro modello di democrazia e di convivenza. Cioè le basi di quel modello che i jihadisti non hanno mai nascosto di voler distruggere.

Come sempre i fanatismi si alimentano tra loro. Hanno un’alleanza naturale che si nutre di odio e animosità. Una visione dell’universo tanto ristretta che non ha spazio per ragionare sulle sfumature, sulla complessità del mondo in cui viviamo. Il risultato è sempre il disastro. La storia recente lo dimostra.

I jihadisti non fanno eccezione: hanno distrutto i loro paesi. Basta vedere cosa hanno combinato nei paesi a maggioranza musulmana per capire che prima di essere un pericolo per noi occidentali lo sono per la propria gente. Allah, per loro, non è mai stato grande, come ripetono spesso. Il concetto di Dio è stato ridotto al punto da portare a effetti contrari.

I seminatori di odio in Europa che vogliono cacciare i musulmani dall’occidente devono sapere che i seguaci dello Stato islamico, come tutti i radicali islamisti, stanno già realizzando qualcosa di molto più sorprendente: la rinuncia all’islam da parte degli stessi musulmani. Molti si convertono ad altre religioni e adesso «Elaph», giornale arabo pubblicato a Londra, conferma l’incremento di atei. La testata si concentra sull’Iraq ma i risultati si possono applicare a qualsiasi paese che ha sofferto l’inferno del jihadismo.

In un’inchiesta pubblicata il 12 agosto scorso «Elaph» riporta come universitari e persone di cultura medio-bassa dichiarano adesso apertamente la loro irreligiosità. Le cifre sono molto alte: quasi il 40 per cento degli iracheni non nasconde più il suo rifiuto dell’islam. Tutti gli intervistati hanno confermato che è la loro reazione all’uso politico che molti fanno della religione. Come si vede, l’islam soffre di più del fanatismo di quanti si proclamano suoi difensori che degli argomenti dei suoi detrattori.

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