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Nawal Saadawi, la femminista che non smette di lottare

Dal blog Mille e una pagina di Claudia Negrini

Mi trovo a Tangeri per tutto il mese di agosto e la settimana scorsa, durante un festival molto seguito, il Twiza Festival, oltre a concerti gratuiti la sera, sono state organizzate anche una serie di conferenze. Una di queste era presenziata da Nawal Saadawi. Immaginate l’emozione! Insomma ce l’abbiamo messa tutta, ma niente da fare, siamo arrivate troppo tardi e la sala che l’ospitava era stracolma di persone. Perciò per rifarmi di questa delusione, oltre ad aver comprato alcuni suoi libri (eh sì, no ho resistito), scriverò di lei in questo articolo.

Nawal Saadawi è nata nel 1931 in Egitto. Il padre, funzionario del governo egiziano, era stato inviato in un paesino rurale lungo il Nilo per aver militato contro il potere britannico durante la rivoluzione del 1919. È stato lui stesso a sostenere gli studi della figlia, tanto che questa si laurea in medicina nel 1955.

Fin da piccola si nota la sua personalità combattiva e insofferente alle ingiustizie sociali, in particolare nei confronti delle donne, caratteristica che l’accompagnerà sempre e segnerà la sua vita e la sua produzione. Le sue idee scomode e rivoluzionarie, spesso le costarono caro. Fu allontanata da incarichi importanti presso il ministero della sanità, per esempio. Nel 1981 venne incarcerata per alcuni mesi da Anwar Al-Sadat e rilasciata un mese dopo l’uccisione del Presidente della Repubblica. Nel 1991, quando fu pesantemente minacciata da fondamentalisti di matrice religiosa, si trasferì per alcuni anni negli Stati Uniti, dove insegnò in numerose università.

Per il suo impegno sociale e politico è considerata una delle femministe più importanti d’Egitto. Il suo libro “Donne e sesso” (al-mar’a wa al-jins), pubblicato nel 1972, è stato il punto di riferimento della seconda generazione di femministe in Egitto. Prima di allora aveva già pubblicato raccolte di racconti e romanzi, alcuni anche autobiografici e di grande impatto. Nel 1986 pubblica un libro sulla sua esperienza in prigione, per esempio.

Une delle sue lotte più grandi è quella contro le mutilazioni genitali femminili, una pratica purtroppo ancora diffusa in Egitto e a cui lei era stata sottoposta all’età di sei anni. È sempre stata molto critica anche nei confronti della religione, che secondo lei è usata dalla società per giustificare l’inferiorità femminile.

In Italiano si trovano solo alcuni esempi della sa vastissima produzione. Nel 1986 Giunti pubblica “Firdaus, storia di una donna egiziana”, tradotto da Silvia Federici che racconta la storia di Firdaus, una ragazza che trova la libertà diventando una prostituta di successo. Successivamente è la casa editrice Eurostudio a decidere di pubblicare nel 1989 “Dio muore sulle rive del Nilo”, tradotto da Irene Pologruto. Solo nel 2002 la casa editrice Nutrimenti pubblica invece un’autobiografia della scrittrice egiziana, intitolata “Una figlia di Iside”, tradotta da Roberta Bricchetto. Nel 2008, è la casa editrice Spirali a decidere di pubblicare la traduzione di Maddalena Mendolicchio intitolata “Dissidenza e scrittura. Conversazione sul mio itinerario intellettuale”, un saggio che affronta alcune delle tematiche care alla scrittrice. L’anno successivo è Il Sirente che pubblica “L’amore ai tempi del petrolio” tradotto da Marika Macco.

Buona Lettura!