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La Turchia rinnova lo stato di emergenza

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Dopo l’estensione dello stato di emergenza, ancora non si vede alcun progresso giudiziario e si percepisce la deriva sempre più autoritaria

Di Yusuf Kanli. Hurriyet Daily News (05/10/2016). Traduzione e sintesi di Emanuele Uboldi.

Il ritorno a regolari incontri settimanali tra Erdoğan e i leader di quartiere (muhtar) può dare nuovamente al paese un’idea di che cosa si stia discutendo, dopo la lunga pausa seguita al fallito colpo di stato del 15 luglio, per quanto Erdoğan avesse già confidato i propri piani a “giornalisti di fiducia”. Inoltre, ha tessuto le lodi dei muhtar, definendoli “di levatura degna di un leader mondiale”. La comunità globale può quindi star tranquilla, perché una crisi di governo può essere facilmente risolta grazie all’importazione di muhtar dalla Turchia.

Scherzi a parte, meglio evitare di domandarsi quale sia il senso di questi incontri con i muhtar. Come si può fare una tale domanda, che potrebbe irritare il solo, più giusto e clemente decision-maker? Come si può fare ciò, ignorando che 252 società sono state commissariate dal Fondo statale di garanzia dei depositi (TMSF) sulla base di supposti finanziamenti a favore di FETÖ (Organizzazione del Terrore di Fetullah Gulen – come la chiama il governo)? Come ignorare le persone arrestate dal 15 luglio o le 28mila rilasciate prematuramente per far posto ai nuovi “ospiti”? Chi avrebbe mai pensato che i giornalisti detenuti a giugno passassero da 23 (nonostante il governo sostenesse di non averne incarcerato nessuno) avrebbe superato il record del 2013 di 76, arrivando a più di 90 a fine agosto (o 110 a fine settembre, secondo fonti da verificare)?

Ovviamente, non tutti i giornalisti arrestati sono accusati di sostenere FETÖ, molti sono accusati di essere membri o caldeggiare l’illegale Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). In ogni caso, i fatti mostrano chiaramente che il paese gode della libertà di stampa: solo coloro i quali hanno lavorato o sostenuto FETÖ o il PKK sono in prigione. Per le migliaia di giornalisti che continuano a esercitare, pienamente coscienti delle condizioni del paese, non ci sono state restrizioni.

Si è perso il conto di quanti pubblici ufficiali siano stati licenziati. Ciò che risulta chiaro è che, secondo il ministro della Giustizia, 32mila persone sono agli arresti dal 15 luglio e aspettano di venire a conoscenza dei propri capi di accusa. Il governo sta valutando l’apertura di nuove prigioni, facendo presagire che lo stato di emergenza (rinnovato questa settimana per un ulteriore trimestre) potrebbe durare ancora un po’. Non è stato lo stesso Erdoğan a dire ai muhtar che anche un anno di stato di emergenza potrebbe non essere sufficiente per eradicare completamente la minaccia di un colpo di stato?

Senza l’incontro con i muhtar forse non avremmo saputo in anticipo le motivazioni del rinnovo trimestrale, o più lungo ancora, dello stato di emergenza. Non avremmo potuto sapere perché potrebbe essere necessario estendere la sospensione dei diritti, libertà e legislazione parlamentare per altri nove mesi almeno.

Quando finirà lo stato di emergenza? Probabilmente si dovrà produrre una nuova legislazione per riconoscere al presidente poteri super presidenziali per porre termine al periodo di governo straordinario.

Yusuf Kanli è un giornalista del quotidiano turco Hurriyet e Coordinatore del progetto Press for Freedom.

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