Hürriyet Daily News (25/05/2015). Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo.
Nella trepidante attesa delle elezioni parlamentari del prossimo 7 giugno, il dibattito sui media in Turchia verte essenzialmente attorno a temi come la possibilità che la formazione di opposizione di sinistra, il Partito Democratico del Popolo (HDP), ottenga seggi o il pericolo che una vittoria del partito Giustizia e Sviluppo (AKP) del presidente Recep Tayyip Erdoğan possa condurre a ulteriori derive autoritarie. Altre questioni oggetto di discussione sono la trasparenza e se e quanto i risultati delle consultazioni influiranno sul processo di pace con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), in corso tra molteplici turbolenze. Con un AKP alla deriva verso il conservatorismo etico di matrice religiosa, all’attenzione dei media, anche se con minor frequenza, c’è l’eventualità di avere nel parlamento turco per la prima volta nella storia deputati transgender o dichiaratamente gay.
Deva Özenen, candidata del progressista Partito dell’Anatolia, transgender e cristiana, si definisce laica e femminista. Affermazioni importanti in un paese in cui nei giorni scorsi la diciannovenne Mutlu Kaya è stata ferita gravemente alla testa da colpi di arma da fuoco per aver indossato un abito che lasciava scoperte le sue spalle durante l’audizione a un talent. In un paese in cui il vice primo ministro Bülent Arınç ha definito inopportuno per le donne ridere in pubblico. Deva Özenen potrebbe dunque riportare la Turchia sulla via del laicismo proprio a partire dai diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT), che subiscono continue discriminazioni. In particolare i e le transgender, trovandosi preclusa qualsiasi opportunità di lavoro, si trovano spesso imprigionati nel mercato del sesso. Una sorte toccata alla stessa Özenen, che lo definisce “una tortura” e che parla di urgenza di varare una legge che definisca reato violenze e discriminazioni legate al genere (secondo un rapporto di Transgender Europe, in Turchia, tra il 2008 e il 2014, 37 transgender sono stati uccisi). “Stiamo cercando di affermare i nostri diritti”, ha spiegato la Özenen, “non ci importa se la società sia o meno pronta per noi”. Di qui la sua determinazione, nonostante le minacce quotidiane e le risate retrograde che riceve quando parla in pubblico.
Pari scalpore ha suscitato la candidatura di Barış Sulu, dell’HDP, omosessuale dichiarato che, come la Özenen, ha promesso di impegnarsi a favore dei diritti di LGBTI, includendo anche gli “intersex”, ovvero coloro il cui genere non è biologicamente determinabile. Anche la sua dunque è una battaglia per la libertà di scelta, a livello sessuale come in tutti gli ambiti dell’esistenza. Nell’HDP, ha spiegato, c’è sempre stato un gruppo di LGBTI, che ha cercato di farsi spazio in una società che per l’85% afferma di non approvare il loro modo di essere. All’interno di questo gruppo Sulu è noto da tempo come attivista, sin da quando ha chiesto formalmente nel 2011 di sposare il suo compagno Aras Güngör, transgender ancora definito “donna” nei documenti di identità. Malgrado il sostegno delle rispettive famiglie e l’assenza di cavilli legali contrari, le autorità glielo hanno negato e la coppia ha minacciato di ricorrere alla Corte Europea per i Diritti Umani (CHP). Il dibattito sulle libertà individuali e la necessità di preservarle potrebbe ripartire dunque proprio dai diritti di LGBTI.
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