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Suicidio infantile: una nuova piaga della Tunisia

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Di Khaula Euchi. Al-Hayat (30/03/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

La rivoluzione che ha cambiato il volto della Tunisia è stata innescata dal suicidio di Mohamed Bouazizi, giovane venditore ambulante tunisino che si è immolato in segno di protesta contro le vessazioni, la povertà e il disagio psicologico. Il significato della morte di Bouazizi è rimasto a simboleggiare la sofferenza che molti tunisini vivono ogni giorno. E nonostante non sia la soluzione adatta per liberarsi di questo malessere sociale, in Tunisia il suicidio è diventato un modo per non dover più convivere con tale malessere.

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Il 2014 è stato l’anno peggiore per il Paese in questo senso, registrando dei livelli senza precedenti. Secondo il rapporto annuale del Forum tunisino per i diritti economici e sociali, sono stati registrati 203 casi di suicidio nel 2014, di cui il 76% di sesso maschile e il 24% di sesso femminile. Tuttavia, oltre la sua maggiore diffusione, l’elemento più grave è che questo fenomeno si è esteso anche ai bambini in età scolare. Lo scorso anno, sono stati infatti registrati 18 casi di suicidio infantile, la maggior parte dei quali perpetrati da bambini delle zone interne più povere e tramite impiccagione. Dei 18 bambini, 12 erano femmine.

Secondo il rapporto, la cause che spingono al suicidio sono riconducibili alle difficili condizioni economiche in cui versano le famiglie di questi bambini, ai quali inoltre manca un inquadramento psicologico e un’assistenza sociale nel quadro delle strutture educative. La specialista in psicologia infantile Salma Abdelkafi ha dichiarato che “il motivo principale per il suicidio di un bambino è il senso si insicurezza generato dalla negazione dei bisogni primari ed essenziali, come vestiti decenti, cibo sano e giochi”. Questo succede soprattutto nelle aree interne dove i padri delle famiglie povere sono costretti a cercare lavoro in città staccandosi dal nucleo familiare e questo genera “un clima di attesa nella speranza di un miglioramento della situazione che a sua volta provoca uno stato di ansia nel bambino, seguito da delusione e frustrazione fino alla depressione”.

Da parte sua, la ministra per la Donna, la Famiglia e per l’Infanzia Samira Merai ha dichiarato, parlando di come poter limitare questo fenomeno, che “il compito è assai difficile per il nuovo governo, in quanto la riduzione della povertà è una delle maggiori scommesse per lo sviluppo del Paese”. Ha aggiunto che l’educazione infantile in Tunisia richiede molti sforzi per lo sviluppo di un percorso formativo che spinga gli studenti a essere coinvolti e a non sentirsi alienati o in una condizione di inferiorità.

Il ministro ha infine annunciato che il governo prenderà dei provvedimenti in merito e che verranno lanciati una serie di progetti, in quanto vista la serietà della questione c’è bisogno di un’azione politica integrata nella quale vengano coinvolte la società civile, la sanità e l’istruzione.

Khaula Euchi è una giornalista tunisina.

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