Elaph (30/06/2013). Si intitola con un hashtag la mostra londinese dedicata agli artisti siriani: #withoutwords, cioè “Senza parole”. Fadi Haddad è convinto che l’iniziativa di Mosaic Syria, organizzazione nata per aiutare i rifugiati siriani, accenderà una nuova luce sulla crisi umanitaria in atto nel Paese. Tentativo di Mosaic Syria è proprio quello di far uscire le opere degli artisti siriani dalla nazione perché possano partecipare alla mostra londinese di cui sono protagonisti. La mostra si tiene presso la P21 Gallery e contiene opere di artisti sfuggiti al perseguimento penale delle autorità siriane, e di altri che si trovano ancora in Siria, nonostante la minaccia di essere eliminati fisicamente o torturati nelle celle del regime. Molti degli artisti sono ancora scioccati dalla perdita dei loro cari nel conflitto siriano. Fadi Haddad è passato da Londra e dalla Giordania due volte per portare le opere fuori dal confine, di contrabbando. Gli artisti temevano di essere fermati ai checkpoint, e alcuni hanno deciso di non firmare le proprie opere.
La mostra apre uno scorcio sulle terribili scene cui si trovano davanti ogni giorno i siriani. Una delle opere più impressionanti è forse quella dell’artista Tarek Tuma: vi è ritratto Hamza Bakkour, il bambino di 13 anni che nel febbraio 2012 si è ritrovato con la mascella fratturata nell’assedio del quartiere Baba Amr, a Homs, in seguito a uno sparo in pieno volto. L’artista si sente oggi in esilio come un “corpo senza testa: il mio corpo è qui, ma la mia anima è là”.
L’artista siriana Hazar Bakbachi-Henriot, originaria di Aleppo, vive oggi in Francia e si è recata ad Antiochia (Turchia), vicino al confine con la Siria. Lì lo scorso anno ha aiutato i rifugiati di tre campi nell’inscrivere le proprie storie su di un arazzo. L’arazzo è l’opera che l’artista espone nella mostra: donne piangono la morte in mezzo alle lapidi. Henriot spiega che su quell’arazzo viene espresso ciò che quelle donne provano per la perdita di un proprio caro, evento vissuto da ognuna di loro. Malu Halasa, coinvolta nel progetto della mostra, nota come gli artisti siriani ritraggano spesso sangue, viscere e distruzione: non di rado il sangue e le viscere sono i loro. Sono presenti anche alcuni disegni del vignettista siriano Ali Ferzat, a cui uomini pro-regime spezzarono entrambe le mani nell’agosto 2011.
La mostra di Mosaic Syria è stata inaugurata lo scorso 27 giugno e proseguirà fino all’1 settembre. Il sito è visitabile qui: http://mosaicsyria.org/event/withoutwords-exhibition
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