Cari lettori, come promesso sin dalla prima delle mie interviste ad Anello Capuano, ci occuperemo di una vecchia e ormai introvabile pubblicazione, curata a suo tempo dal nostro amico, insieme al musicista e musicologo Louis Soret. Si tratta di un articolo pubblicato a New Delhi, in India, sulla rivista Istar (N° 1, 1984) dedicato alle influenze della musica orientale sull’Occidente nel Medio Evo. L’articolo originale è in inglese e ne allego le foto, anche se leggibile con un po’ di fatica. Ne riassumo qui alcuni aspetti, invitando i lettori ad approfondirli direttamente sul testo originale.
Come si legge nell’Introduzione, lo scopo dello scritto è quello di sottolineare le differenti influenze ed interazioni che ebbero luogo nel Medio Evo fra tre distinte culture che, a quel tempo, avevano raggiunto il picco della creatività artistica: la cultura araba, quella arabo-andalusa e quella del Mediterraneo europeo. La prima, il cui centro era Baghdad (Dar es Salam) ci porta verso la seconda, che fiorì intorno alle città di Siviglia, Cordova e Granada, nel sud della Spagna; la terza si sviluppò soprattutto in Occitania (Francia meridionale, Spagna del nord, Italia).
L’articolo prosegue affrontando vari aspetti legati al periodo di dominazione della dinastia Omayyade, all’islamizzazione dei vasti territori e delle popolazioni autoctone del Nord Africa, ai lunghi secoli di permanenza e dominazione araba in Andalusia, alle varie modalità di contatto e di confronto tra culture e tradizioni dell’Occidente e dell’Oriente. Diversi aspetti della cultura indiana furono assimilati grazie ai frequenti viaggi di diplomatici e di mercanti, sin dall’ottavo secolo. Tanto per fare un esempio, i cosiddetti “numeri arabi”, adottati poi dagli Europei, hanno di fatto origine indiana.
La seconda parte dell’articolo riguarda la musica europea prima del Medio Evo. Si ricorda che ne sappiamo molto poco, pur conoscendo l’origine orientale di buona parte degli strumenti usati nella Roma imperiale, ereditati soprattutto dalla Grecia e dalla Siria. A Roma si potevano ascoltare l’Arpa e la Lira (entrambe di origine sumera), la Pandora (liuto dal lungo manico, anch’esso di derivazione sumera), l’Organo (egiziano) e vari altri strumenti a fiato e a percussione. La varietà di musiche esistenti era grande, spaziando dalle musiche rituali e religiose a quelle popolari e di intrattenimento.
Dopo la disintegrazione dell’Impero Romano, nel IV secolo, ci vollero almeno due secoli prima che la Chiesa cristiana sviluppasse una forma definitiva di musica rituale, in seguito nota come “canto gregoriano” e, in Francia, come “canto piano”. Il suo sistema modale era basato su modelli orientali, provenienti soprattutto da Bisanzio e dalla Siria. L’Europa, nel tempo, seppe far proprio questo sistema modale, dando vita ad un repertorio musicale perfettamente adattato alle esigenze e ai gusti dell’Occidente.
La terza parte dell’articolo affronta la musica nel Medio Oriente. Sappiamo che quella araba pre-islamica aveva soprattutto la funzione di accompagnare la poesia, considerata la più alta forma di espressione artistica. In seguito, con l’influenza dei popoli conquistati con l’espansione dell’Impero Islamico, si rese possibile una sintesi tra i vari aspetti culturali che venivano via via messi a confronto. In musica, la più forte e significativa influenza venne dai Persiani e dai Bizantini. Dallo studio degli antichi trattati greci, poi, derivarono i sistemi teorici elaborati da Al Farabi, Al Kindi ed altri. Si arrivò quindi alla concezione di un sistema modale arabo basato sul Maqam. Anche il sistema ritmico derivò dalla metrica poetica greca, trovando in seguito ampio sviluppo e raggiungendo livelli molto sofisticati e complessi.
Durante il IX secolo, gli eventi storici fecero sì che si giungesse alla creazione di un sistema musicale tipicamente arabo-andaluso che, ancora oggi, è in parte conservato e tramandato nel Maghreb. Le vicissitudini personali e la genialità di Zyriab portarono all’Europa molte novità, oltre alla nascita di un sistema musicale formato da ben ventiquattro Suite, le Nawbat. Queste forme artistiche, tanto originali quanto complesse, al di là delle peculiarità strutturali portavano in sé anche una profonda simbologia di cui tener conto nell’esecuzione.
Proseguendo la lettura dell’articolo, si giunge ad affrontare l’influenza orientale sulla musica europea: gli strumenti musicali e le relazioni intercorse tra quelli del Medio Oriente ed europei. Non si parla solo strumenti ma anche di forme poetico-musicali particolari, nate in Andalusia grazie alla presenza dei Mori, in corelazione con le altre identità culturali stabilizzatesi nel territorio ispanico: il Muwashshah ed il Zajal. Attraverso questi generi e trame, vari fili hanno legato il Medio Oriente all’Andalusia, fino ad arrivare alla Francia e alle forme poetico-musicali tipiche dell’età trovadorica.
Infine, l’articolo affronta Le Cantigas de Santa Maria e gli aspetti del collegamento tra musiche e tradizioni arabofone ed europee che questa grande opera ci mostra in tutta la sua evidenza.
Buona lettura e grazie mille ad Anello Capuano per averci messo a disposizione una pubblicazione ormai introvabile. Grazie infinite, anche, per le bellissime tavole con disegni degli strumenti musicali, divisi per famiglie, relative alle tradizioni orientali ed europee cui si è riferito l’articolo, con una tavola specificatamente dedicata agli strumenti europei medievali. Ci salutiamo, come di consueto, con degli ascolti. Qui è possibile accedere a tutti i brani pubblicati da Anello Capuano.
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