Di Tariq Ramadan. Your Middle East (26/05/2015). Traduzione di Roberta Papaleo.
In Occidente è ormai una pratica comune e stabilita. Si tratta di creare “la questione islamica o il problema islamico”, che è come una prigione intellettuale dove i musulmani sono imprigionati, con i loro intellettuali, gli imam, le donne, etc. Questa stessa prigione potrebbe essere chiamata indifferentemente in vari modi: ‘democrazia’, ‘secolarismo’, ‘donne’, ‘valori’, ‘omosessualità’, ‘visibilità’, e via dicendo.
All’interno di questa prigione, ci si aspetta che l’interlocutore musulmano si spogli di alcuni dei suoi principi, valori e pratiche fino al punto di restare imprigionati, ma svuotandosi, nudo e impotente. Detenuto, colonizzato, mente e corpo.
Oltre a questa alienazione, c’è il fatto che il detenuto-colonizzato è compiacente, sorride al suo guardiano che, attraverso l’artificiale procedura della “questione islamica”, lo elogia e lo promuove. Lui spera, all’interno della sua prigione, che il suo guardiano gli darà la porta della sua cella. Artefatta libertà della mente.
Il problema principale dei musulmani occidentali oggi, detenuti-prigionieri, è lo stesso di ieri, lo stesso dell’africano, del sudamericano, dell’arabo, dell’asiatico colonizzato. Il principale problema è il fatto che abbia accettato lui stesso di svuotarsi, finendo nudo, senza più nessuna modestia intellettuale. Dagli Stati Uniti, al Canada e all’Australia, attraverso l’Europa, la logica è la stessa.
È il tempo degli intelletti colonizzati liberati, ma la liberazione comincerà solo con una riconciliazione cosciente e coraggiosa con il proprio sé.
Tariq Ramadan, noto accademico e scrittore musulmano svizzero, è presidente del think thank European Muslim Network (EMN) di Bruxelles.
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