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Egitto: l’intellettuale Abbas Mahmoud al-Aqqad, morto nel marzo 1964

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l’Egitto negli anni ’50

Egypt Independent (17/03/2013). Il 12 marzo 1964 moriva la leggenda culturale egiziana Abbas Mahmoud al-Aqqad, all’età di 75 anni. Per decenni si era lanciato in battaglie politiche ed intellettuali sfidando i suoi contemporanei. Aveva anche auspicato che la lingua araba potesse modernizzarsi, e sosteneva nuove forme di scrittura. Propositore di un pensiero razionale e libertà personali, Aqqad chiedeva l’indipendenza dell’Egitto dall’occupazione britannica. Aqqad fece ricerche sull’avvento del fascismo e del nazismo in Europa nel corso della Seconda Guerra mondiale: fu uno dei primi scrittori egiziani ad attaccare il nazismo, nel suo libro del 1940 dal titolo “Hitler nell’Equilibrio”. Per Aqqad, il nazismo rappresentò una grave minaccia ai valori occidentali come libertà e democrazia. Per questo, invitò gli egiziani a rifiutare idee pericolose del genere.

Nello stesso periodo, esplorò i contributi progressisti delle civiltà arabo-islamiche. Iniziò la stesura di “Al-Abqariyat” (Geniuses), in cui si concentrò sul lato umano di figure religiose come il Profeta Muhammad, il suo compagno Abu Bakr e Gesù Cristo. Scrisse anche il suo libro-simbolo “Democracy in Islam,” in cui sostenne che i concetti-chiave della democrazia – riferendosi al sistema parlamentare – potevano riscontrarsi facilmente nel corso della Storia islamica. Quando l’influenza dei Fratelli Musulmani cominciava a farsi sentire, Aqqad prese ad attaccarli come irrazionali e manipolatori, in particolare quando assassinarono l’ex-primo ministro Mahmoud Fahmi al-Nuqrashi, politico moderato che egli ammirava.

Nel gennaio 1949 scrisse sul quotidiano Al-Asas che era impossibile discutere le idee dei Fratelli Musulmani sul piano intellettuale. Piuttosto, diceva, si dovrebbe analizzare la psicologia dei membri che ignoravano le loro idee e seguivano ciecamente il loro leader. Per al-Aqqad i Fratelli Musulmani erano un gruppo sospetto, non democratico e violento. E, ironicamente – malgrado la sua strenua difesa della democrazia e dei diritti umani – sostenne che l’unico modo per contrastarli era mettere i suoi esponenti in prigione.

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