Di Khairallah Khairallah. Elaph (28/02/2016). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio.
Quale che siano i risultati delle ultime elezioni in Iran, è necessario spendere alcune parole in merito. Che siano in testa i riformisti oppure no, il dato fondamentale risiede nella possibilità di cambiamento della politica estera iraniana e nel suo progetto espansionistico.
Infatti, la vittoria dei candidati nelle elezioni del Consiglio della Shura o dell’Assemblea degli Esperti significherà poco finché l’Iran continuerà ad operare nella regione come ha sempre fatto, che si tratti della sua politica in Siria, Iraq, Libano, Yemen o Bahrein. Quale vantaggio può allora garantire la vittoria dei riformisti se persiste la minaccia iraniana in Bahrein, quel regno pacifico che spera di risolvere i suoi problemi interni commisurati alla sua capacità limitata, specie dopo l’esaurimento prematuro della riserva petrolifera?
Ciò che vale per il Bahrein, vale anche per l’Iraq. Proprio qui le operazioni iraniane non hanno fatto altro che dimostrare il desiderio da parte dell’Iran di trasformare l’Iraq in un semplice seguace della sua politica, soprattutto in campo settario.
L’Iran ha sfruttato l’irresponsabilità dell’amministrazione di Bush Jr al fine di mettere le mani sull’Iraq. Egli ha potuto usufruire dei servizi resi dagli americani, così come del sostegno dei partiti religiosi in loco, nonché delle milizie settarie le quali hanno completato il proprio addestramento nel suo territorio in preparazione all’operazione militare americana nel 2003.
Al di là del suo coinvolgimento nella guerra contro l’Iraq, l’Iran è stato anche in grado di sfruttare l’assenza di qualsiasi strategia del presidente americano Barack Obama in Medio Oriente, in modo da diffondere un disordine generale tra gli istinti settari e di divisione tra i sunniti arabi. La politica iraniana in Iraq ha avuto come secondo fine quello di creare un terreno fertile per le forze di Daesh (ISIS), che si nutre delle Forze di Mobilitazione Popolare: quest’ultime simboleggiano oggi un sostituto delle organizzazioni dello Stato iracheno, soprattutto nel campo decisionale.
L’Iraq, però, non è l’unico paese a soffrire della politica iraniana, intenta ad alimentare scontri nell’intera regione e contro gli Stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC), in primis contro il regno saudita.
Se tralasciamo per un attimo la Siria, il controllo iraniano è stato evidente anche in Yemen contro l’Arabia Saudita e i paesi del Golfo. In un simile scenario, quale reato ha commesso il Libano destinato anch’esso a divenire vittima della politica iraniana?. Qui, sin dal 1982, anno di fondazione del partito Hezbollah, l’Iran ha tentato, con successo, di mutare la natura della comunità sciita del paese. La repubblica islamica ha negato l’unico serio tentativo di restituire al Libano la sua vitalità, in particolare in seguito all’omicidio del primo ministro Rafiq Hariri, da parte di componenti dell’organizzazione di Hezbollah, dopo che quest’ultimo ha rifiutato di consegnare gli imputati alla magistratura internazionale. In tale occasione è apparsa subito chiara la mancanza di sostegno iraniano al Libano. È stato quindi l’inizio di quel vuoto di sicurezza lasciato al momento del ritiro delle truppe siriane dal paese, per giungere all’odierno vuoto presidenziale.
Dunque, cambierà qualcosa in Iran dopo le elezioni? Questo è quanto si aspettano gli iraniani, che sperano di uscire dal giogo di sottomissione ad un sistema ormai arretrato. L’Iran è senz’altro uno stato di antica civiltà molto importante nella regione, come affermato sia dal Consiglio della Shura che dall’Assemblea degli Esperti. Tuttavia, tra l’essere uno Stato importante e il giocare il ruolo di potenza dominante nella regione vi è un’enorme differenza.
L’importante è che l’Iran si concentri sui bisogni degli iraniani, rinunciando al gioco di distruzione degli stati vicini. In tale contesto il Libano diviene il campo di prova per l’Iran, per dimostrare l’avvenuto cambiamento. La popolazione nella regione attende dall’Iran di disinnescare quel pregiudizio, insediatosi tra i propri responsabili, di essere una potenza regionale. In ogni caso, una potenza regionale poco credibile, quando si oppone a qualsiasi negoziato nelle tre isole degli Emirati occupate nel 1971, quando pratica una pulizia etnica di carattere settario in Iraq o quando supporta un regime in Siria respinto dalla stragrande maggioranza della popolazione.
Khairallah Khairallah è un editorialista arabo, redattore estero di Annahar dal 1976 al 1988 e caporedattore di Al-Hayat dal 1988 al 1998.
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