Al-Arabiya (22/12/2014). Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo.
Giorni fa centinaia di turchi hanno manifestato ad Ankara in difesa del sistema di istruzione laico dalle riforme proposte dal Partito Giustizia e Sviluppo (AKP), al governo con una maggioranza schiacciante. La protesta, organizzata dai sindacati, è stata duramente repressa dalla polizia, che dopo aver disperso i manifestanti ne ha arrestati un centinaio. Un segno della consapevolezza dell’esecutivo di ispirazione islamica dell’Akp che una fetta consistente dell’opinione pubblica percepisce le riforme del sistema dell’istruzione come una minaccia per la laicità dello stato.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan considera l’istruzione uno dei settori chiave per il controllo della società, soprattutto nella battaglia contro l’ex alleato e ora acerrimo rivale Fethullah Gülen. Alcuni osservatori ritengono pertanto che il suo governo stia deliberatamente smontando a poco a poco quel sistema laico che da quasi un secolo è il pilastro della gestione dello stato, nonché il frutto della mente politica dell’eroe nazionale Atatürk. Una linea rischiosa in un paese dove il nazionalismo si può considerare quasi più forte del sentimento religioso. Altri analisti tuttavia ribattono che questo stesso sistema laico negli ultimi decenni si è alienato fasce sempre più numerose di popolazione, in maggioranza musulmana, che alle legislative del 2002 ha votato in maggioranza schiacciante per l’AKP (che in parlamento ha 312 seggi su 550). Secondo quest’ultima interpretazione, l’AKP sfida nientemeno che il modello Atatürk sapendo di contare sul sostegno dell’elettorato.
Le riforme dell’istruzione peraltro non sono un evento improvviso, ma l’acme di una tendenza in atto. Nel 1999 per la prima volta una deputata entra velata in parlamento, nel 2013 il governo ha bandito le pubblicità di bevande alcoliche, mentre a settembre di quest’anno è stato abolito il divieto per le bambine di 10 anni di entrare a scuola con il velo. Inoltre a novembre per la prima volta un professore di astrofisica all’università di Ege è stato condannato per violazione del “diritto costituzionale all’istruzione”, dopo aver impedito a una ragazza di entrare nella sua facoltà a capo coperto. I sintomi più lampanti di questa tendenza sono tuttavia il potenziamento dell’insegnamento religioso nelle scuole anche di primo grado e l’inserimento dei corsi facoltativi di turco ottomano, con la scrittura in caratteri arabi e un numero significativo di prestiti arabi e persiani. Corsi obbligatori nelle scuole Imam Hatip, da cui è uscito lo stesso Erdoğan, caratterizzate dal ruolo fondamentale dell’educazione religiosa. Il loro numero è notevolmente cresciuto in Turchia fino a un decennio fa, i loro iscritti sono in costante aumento e il Ministero dell’istruzione intende aprirne anche all’estero.
Un’ascesa che molto deve alla pubblicità di Erdoğan, che da sempre le presenta come l’istituzione rappresentativa del modello perfetto di cittadino. Di conseguenza le scuole Imam Hatip contano sul sostegno di diverse associazioni legate all’AKP, rappresentando più l’attuale sistema elettorale che l’opinione pubblica. In generale, l’amministrazione Erdoğan ha tra i suoi obiettivi primari il controllo totale del sistema dell’istruzione avendo come scopo ultimo quello di arginare l’influenza del predicatore Gülen, il cui movimento Hizmet in Turchia controlla molte scuole. Una battaglia che si svolge tutta in seno alle correnti conservatrici, ma che potrebbe determinare il futuro della collettività turca. A tale proposito vale la pena ricordare l’ondata di arresti tra i suoi sostenitori del quotidiano Zaman e dei media in generale.
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