Di Delil Souleiman. Your Middle East (24/10/2016). Traduzione e sintesi di Claudia Negrini.
Le autorità curde hanno avviato un progetto ambizioso per centinaia di città e paesi della Siria del nord, che si stanno liberando dei nomi arabi adottati durante gli anni Sessanta a favore dei loro nomi tradizionali curdi.
Abdulrahman Hawas Hamo, di 70 anni, racconta la storia del nome del suo paese, mentre aggiusta un vecchio camioncino bianco nel suo cortile: “Joldara in curdo indica una pianura ricoperta di alberi”, dice Hamo. “Questo era il nome del paese prima che venisse arabizzato dal governo siriano nel 1962, quando è diventato Shajra, che vuol dire albero in arabo”. Una manciata di modeste case di fango costituite da una sola stanza forma l’intero paese, che giace nell’arida provincia di Hasakeh, incorniciata da colline brulle. La strada per entrare e uscire da Joldara è costeggiata da nuovi segnali stradali che riportano i nomi curdi dei paesi vicini, sia in alfabeto arabo che latino.
Il partito Baath in Siria ha negato ai circa tre milioni di curdi i loro diritti fondamentali per decenni. Questa comunità non poteva parlare o insegnare in curdo o festeggiare le sue festività e alcuni non avevano accesso alla nazionalità siriana.
I nomi di centinaia di paesini e di città venne arabizzato nei registri ufficiali del governo, ma le autorità curde, adesso, stanno ribaltando questo processo. Subito dopo lo scoppio delle rivolte in Siria nel 2011, i curdi hanno eretto un sistema istituzionale parallelo a quello del regime di Bashar al-Assad, completo di scuole e unità di polizia.
“Non stiamo dando nomi nuovi alle città, stiamo ripristinando i loro nomi storici e tradizionali”, dice Joseph Lahdo, co-presidente della commissione delle municipalità autonome di Hasakeh. Vengono consultati dei comitati locali sui nomi delle loro città natali: “Le amministrazioni autonome hanno iniziato ad usare questi nomi nei loro registri e nelle comunicazioni”, ha detto Lahdo. “Le cartine includeranno i nomi originali curdi con il nome arabo tra parentesi”. Questo processo non è riconosciuto dal governo centrale di Damasco, che sta mantenendo il nome arabo nei suoi registri.
Secondo il ricercatore Zohrab Qado, l’arabizzazione dei nomi dei paesini e delle città si è velocizzata con la salita al potere del partito Baath, ma era già iniziata nel decennio precedente, durante la breve vita della Repubblica Araba Unita della Sira e dell’Egitto. Solo tra il 1978 e il 1998, dice Qado, più di 500 nomi della sola provincia di Hasakeh sono stati arabizzati, così come altre città, per esempio Kobane che è divetata Ain al-Arab.
Un impiegato del registro civile di governo di Amuda, che si trova sempre nella provincia di Hasakeh, ha detto che i nomi dei luoghi sono stati ufficialmente arabizzati “tramite lettere formali mandate dal ministero degli Interni”. Secondo Qado, il governo siriano avrebbe addirittura distribuito alcune terre intorno ai paesi curdi ai contadini arabi, provenienti dalla vicina provincia di Raqqa, per modificare la composizione demografica della Siria settentrionale. Le famiglie curde, videro la distribuzione delle loro terre e il cambiamento dei nomi come un tentativo di cancellare la loro identità.
I residenti di Amuda erano entusiasti dopo che la municipalità ha annunciato che potevano aggiungere delle insegne in curdo fuori dai loro negozi. Fuori dalla bottega dove vende anacardi tostati, Adnan Hosh, scrive con cura Emise Hejar, la traduzione curda di “negozio di noccioline”: “Avere la possibilità di scrivere il nome del negozio in curdo è una vittoria per noi”, dice sorridendo.
Delil Souleiman è un fotoreporter e corrispondente dalla Siria.
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