Di Hazim Saghiya. Al-Hayat (19/03/2016). Traduzione e sintesi di Sebastiano Garofalo.
Quale sarà il nome della nuova federazione che i curdi siriani hanno in mente di creare: “Federazione del Kurdistan occidentale” o “Federazione della Siria del Nord”? Questa domanda non vuole essere un semplice gioco di parole, ma serve a comprendere quale potrebbero essere i progetti futuri dei curdi siriani.
L’attuale situazione della regione ci porta a considerare tre possibili scenari, che mettono in luce le debolezze e i punti di forza del progetto federativo curdo. Il primo di questi tre riguarda il rapporto che il Partito dell’Unione Democratica siriano (PYD) ha con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan turco (PKK). Un rapporto che non ha una prospettiva di vita molto lunga a causa delle complicanze che stanno alla base del piano federativo e dell’incertezze, espresse da entrambe le parti, nel volerlo davvero realizzare.
La seconda è direttamente collegata con le relazioni tra i curdi della federazione e le etnie non curde che vivono nel suo territorio, in particolare gli arabi, che si sono macchiati di operazioni di pulizia etnica contro la popolazione curda in Siria. Forse è possibile che si giunga a un pacificazione tra le due parti, ma solamente dopo un atto di riconoscimento dell’etnia curda e formali scuse per la decennale repressione.
L’ultimo scenario vorrebbe rassicurare i vicini settentrionali turchi riguardo la modestia del progetto federativo, in quanto Erdogan non vedrebbe di buon occhio la creazione di uno stato autonomo federale curdo a ridosso del confine sud-orientale della Turchia.
Malgrado le diverse sfumature, le dichiarazioni fatte dai funzionari occidentali e russi dimostrano che i curdi siano un elemento fondamentale non solo per la lotta a Daesh (ISIS), ma anche perché potrebbero essere un banco di prova per la ridefinizione dei confini mediorientali. Ed è proprio qui che sta la forza del progetto federativo curdo, nella sua capacità di riuscire a creare un nuovo equilibrio geopolitico nella regione, malgrado le voci arabe più forti continuino a ripetere, con parole logore e vuote, che tutte le divisioni del Medio Oriente sono opera di Israele.
Hazim Saghiya è un giornalista critico e commentatore politico libanese.
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