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L’economia nel periodo del terrorismo

Di Ali Ibrahim. Al-Sharq al-Awsat (13/10/14). Traduzione e sintesi di Giusi Forrisi.

In un’intervista pubblicata due giorni fa da Al-Sharq al-Awsat il vice presidente della Banca Mondiale affermava che le economie dei Paesi del Medio Oriente forniscono circa la metà dei sussidi mondiali nel campo del combustibile, mentre i loro abitanti rappresentano circa il 5,5 % di tutta la popolazione del pianeta. Ciò costituirebbe, secondo il vice presidente, uno di fattori di squilibrio nelle economie della regione che ostacolano i piani di sviluppo.

La lista degli squilibri strutturali dell’economia è lunga e ben nota, e se ne parla da decenni. Tuttavia nessuno ha il coraggio di affrontare seriamente il fenomeno per paura di ripercussioni politiche.

Un esempio è lo Yemen dove il governo precedente, ora alle prese con una situazione economica molto critica nel suo cammino di transizione, ha provato ad intervenire attraverso dei provvedimenti per risolvere almeno parzialmente il problema; tuttavia il problema è esploso e gli Houthi ne hanno approfittato per aizzare la folla nelle strade e invadere la capitale Sana’a.

I numeri della Banca Mondiale parlano di tassi di crescita nella regione sia per l’anno in corso sia per gli anni a venire. Tuttavia non è possibile parlare dell’economia reale, di quella economia che è il risultato di atti di violenza, terrorismo e lotte contro i regimi; un esempio ne è la Siria che ha subito perdite economiche enormi, o la Libia che ha destinato molti proventi del petrolio per la retribuzione e il finanziamento delle milizie.

Nessuno popolerà né investirà nelle regioni della devastazione, della violenza e della guerra; la verità dei fatti è che gli squilibri economici per decenni non hanno permesso di soddisfare le aspettative della gente, non hanno fornito loro posti di lavoro a sufficienza e non hanno permesso che si raggiungesse un livello di istruzione e di assistenza sanitaria accettabile. Questi fattori sono stati la causa principale della duplice povertà e dell’ignoranza che a sua volta ha creato il contesto favorevole alla violenza e al terrorismo.

Dunque per segnare una svolta c’è bisogno di funzionari politici che non vendano illusioni al popolo ma che desiderano realmente una riforma; costoro devono essere in grado di istaurare un clima di fiducia tra loro e la propria gente; solo in questo modo si creerà un ambiente in grado di sopportare i costi e gli effetti collaterali delle eventuali azioni intraprese per risolvere gli squilibri economici. Tutto ciò è possibile, come ha dimostrato l’Egitto, il quale ha recentemente tagliato i sussidi al carburante, con comprensione da parte del popolo. Dunque un clima di fiducia e di apertura tra il sovrano e il popolo, fa sì che le misure di riforma impopolari siano di più facile applicazione.

Ali Ibrahim, scrittore e giornalista egiziano, è vice direttore del quotidiano Al-Sharq al-Awsat.

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