Di Rami G. Khouri. The Daily Star (12/06/2013). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. Visitando il Cairo per la prima volta dopo quasi un anno, il mutato animo tra i giovani e gli anziani mi ha colpito come il vento caldo e polveroso che proviene dal deserto egiziano. Il desiderio di raggiungere gli obiettivi della rivoluzione era ancora lì, ma con esso anche la preoccupazione per il fatto che i nuovi oneri e obblighi stanno iniziando a travolgere la capacità dello spirito umano di continuare a far progredire un nuovo Egitto che offra ai suoi cittadini democrazia, dignità e prezzi ragionevoli per il cibo ed il carburante. Qui e in tutto il mondo arabo, ho avvertito una stessa tendenza al momento di parlare con giovani ed adulti. I secondi tendono a scivolare più rapidamente in un atteggiamento perplesso, deluso e dubbioso riguardo a quanto ottenuto dalla rivoluzione e alle difficoltà che oggi definiscono la vita quotidiana della popolazione: meno sicurezza, prezzi più alti, più disoccupazione, lunghe file alle stazioni di servizio, tagli all’elettricità, governi avvinghiati al potere, e molto altro ancora.
Da parte loro, i giovani hanno le stesse preoccupazioni, ma insistono con la loro determinata spinta per vedere i frutti della rivoluzione, sapendo che il processo di cambiamento richiede tempo. Forse perché sono giovani ed hanno tutta la vita davanti, devono avere successo cosicché la loro età adulta non sarà intaccata dalla polizia da quel vuoto apolitico che è stato il destino della generazione dei loro genitori.
Oggi, abbiamo alcune risposte concrete a questa domanda grazie ad uno studio che fornisce una prospettiva valida dei sentimenti politici e sociali dei giovani nei tre Paesi delle rivolte dal titolo “La Promessa Rivoluzionaria: le Percezioni dei Giovani in Egitto, Libia e Tunisia”, condotto nel secondo semestre del 2012 al Cairo. La ricerca individua alcune tendenze per ogni specifico Paese e nessuna similitudine tra le percezioni dei giovani della regione. Una delle grandi domande sulla nostra regione negli ultimi due anni e mezzo, da quanto Mohammad Bouazizi si è immolato dandosi fuoco, è stata relativa a come i giovani arabi, uomini e donne che hanno sfidato e poi cambiato il loro vecchi regimi autocratici, potrebbero reagire se i fatti politici non soddisfaranno il loro desiderio di libertà e dignità.
Lo studio conferma che i giovani attivisti sono ampiamente delusi da molti aspetti delle condizioni dei loro Paesi, comprese le istituzioni e ed i partiti politici. Tuttavia, i giovani arabi continuano a servirsi della nuova sfera pubblica da loro creata – nella società civile, sulle strade, nel mondo della comunicazione – per raggiungere gli scopi delle loro rivolte. Molti di loro definiscono questi scopi come promesse che trascendono la fine della dittatura e la creazione di una democrazia efficace, per includere richieste per una “giustizia sociale”, un maggior potere dei cittadini, l’eguaglianza nell’accesso ai servizi alimentari e sociali, meno polarizzazione ed un ruolo nella formazione dello Stato e dei valori politici.
La maggior parte dei giovani intervistati si sente marginalizzata e dimenticata, vedendosi l’esclusa dal nuovo sistema di governance emerso dopo il primo turno di elezioni e di riconfigurazione politica nella regione. In generale, i giovani on si fidano dei partiti e dei media e perciò passano le loro giornate creando delle alternative. Continuano a cercare il modo di influenzare la società e mantenere la pressione per realizzare la promessa rivoluzionaria attraverso l’attivismo della società civile, le organizzazioni per i diritti umani, l’azione in strada, le unioni studentesche e altri mezzi per raggiungere due obiettivi prioritari: far sentire la loro voce nel contesto della garanzia della libertà di espressione e cercare un modo per tradurre la “legittimità popolare di strada” che hanno contribuito a creare due anni fa in delle politiche che trattino i cittadini in maniera equa.
Due anni fa, i giovani cittadini della nostra regione hanno mandato in frantumi le vecchie autocrazie e creato nuove regole per la legittimità ed il potere pubblico, ma non gli è stato ancora permesso di prendere parte nella formazione delle nuove governance o dei valori nazionali. Ora i giovani stanno rivalutando tutta la gioia e l’amarezza di queste difficili esperienze e persisteranno nella determinazione di trasformarsi da giovani attivisti in cittadini a tutti gli effetti.
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