Medio Oriente Religione Zoom

Chi proteggerà i cristiani? E chi proteggerà noi?

cristiani medio oriente

Di Hani Naqshabandi. Elaph (07/04/2015) Traduzione e sintesi di Chiara Cartia.

Mentre il mondo cristiano festeggiava la Pasqua, in questi giorni gli appelli che invocano la protezione dei cristiani nei Paesi arabi si sono moltiplicate. Ma i cristiani hanno bisogno di essere protetti? Sì. Abbiamo visto cos’è successo loro in Iraq, Siria e in zone anche più lontane.

Di certo la violenza contro i cristiani non gode dell’appoggio dei governi, ma non beneficia neppure della copertura dei media, che dovrebbero sottolineare l’importanza della dignità di un essere umano a prescindere dalla sua religione. Dobbiamo infatti ricordare che la violenza non è più diretta solo contro i cristiani, ma che ormai la situazione è completamente caotica: i sunniti uccidono gli sciiti e viceversa e addirittura gli stessi sunniti si uccidono a vicenda semplicemente perché appartengono a scuole di pensiero diverse o perché hanno idee diverse. Cosa ci porta ad essere violenti con gli altri?

Quando è venuto alla luce l’islam, non c’erano eccezioni: bisognava sottomettersi totalmente all’esegesi del testo religioso così come l’avevano stabilita gli uomini di fede che non conoscevano il cristianesimo né altre religioni più di quanto non conoscessero la teoria dell’atomo. I libri delle scuole dicono così. Gli imam delle moschee lo declamano. Tutti i programmi televisivi diffondono questo stesso messaggio. Questo ci ha privato della volontà di analizzare il testo e chi ha portati ad ignorare la necessità di coesistenza umana che raccomanda, fino a farci considerare l’un l’altro infedeli se manifestiamo pietà per i cristiani morti.

Ci hanno detto che i cristiani sono degli infedeli e noi lo abbiamo accettato. Ci hanno detto che i cristiani sono il popolo dell’inferno, che il paradiso è riservato a noi e li abbiamo assecondati. Ci hanno detto che i cristiani sono i nemici di Allah e dell’islam e noi abbiamo detto: “Che Dio li maledica”.

Le nostre istituzioni religiose non lasciano posto alla libertà di pensiero né alla verità ispirata dal lavoro fatto sul Corano. Esse  considerano il loro discorso come giudizio risolutivo, come se la parola di Dio rivelata non permettesse il dibattito né l’analisi. Vero è che ci sono state molte iniziative, seminari e incontri incentrati sul tema delle religioni. Il defunto re Abdullah bin Abdel-Aziz ha persino incontrato il papa a Roma, la Giordania e il Marocco e molti altri Paesi islamici hanno organizzato molte conferenze interreligiose. Ma il risultato è stato nullo. Assolutamente nullo. Fallimento totale.

Alcuni paesi musulmani hanno cercato di alleggerire le dosi di religione dispensate nelle scuole. Altri hanno cercato di censurare i predicatori nelle moschee. Sono state emanate leggi per proteggere i credi e le religioni. Ma anche tutti questi provvedimenti hanno fallito perché cerchiamo di porre rimedio ai risultati invece che andare alle cause. Non importa epurare i libri scolastici o controllare gli imam nelle moschee se poi contemporaneamente le istituzioni religiose continuano a esercitare il loro potere per la strada o nelle menti delle persone dando spiegazioni limitate, in cui non c’è nessun tipo di sforzo interpretativo, privandoci della volontà di ragionare, di fare un’analisi logica, di usare liberamente l’intelletto.

La frusta della religione islamica colpisce la piena realizzazione dei cristiani, così come la nostra.

Hani Nakshabandi è caporedattore della rivista Majallah.

Vai all’originale

I punti di vista e le opinioni espressi in questa pubblicazione sono di esclusiva responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente il punto di vista di Arabpress.eu