Medio Oriente Zoom

Una forza militare araba potrebbe funzionare?

Lega Araba

Di Omar Ashour. The Daily Star Lebanon (27/04/2015). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti.

L’accordo quadro tra l’Iran e i cosiddetti P5+1 rappresenta un passo in avanti nella sfida di sicurezza che è posta dal Medio Oriente. Alcuni Stati arabi, però, stanno cercando di stabilire una forza militare congiunta e, così, altri problemi potrebbero venire a galla. Infatti, il quesito è: una simile alleanza sarà in grado di rendere migliore la situazione della regione, o la peggiorerà, soprattutto alla luce della divisione tra sunniti e sciiti?

Mentre sono ancora in corso gli attacchi aerei contro gli Houthi da parte dell’Araba Saudita (con il coinvolgimento di altri nove stati tra cui l’Egitto, la Giordania, gli Emirati Arabi Uniti e il Kuwait), il presidente egiziano El Sisi ha dichiarato che il mandato della coalizione potrebbe estendersi anche oltre ai confini yemeniti. Tuttavia, di che mandato si tratta?

Alcuni obiettivi possono essere esclusi da queste considerazioni, come l’avvio processo di democratizzazione postbellico o l’intervento di natura umanitaria poiché gli Stati coinvolti non hanno sufficiente esperienza, volontà o interesse a sostenere queste cause. La stabilizzazione potrebbe essere un fine, ma solo qualora i governi di questi Stati siano d’accordo su quale sia la minaccia comune, utilizzando l’approccio abituale del “bilanciamento potere/terrore” in modo da indebolire e forzare l’attore più potente nel conflitto a negoziare.

Ora, lo sviluppo di alleanze militari che comprendano i Paesi arabi preoccupa soprattutto per i tentativi che sono falliti. Nel passato, infatti, gli interventi armati hanno avuto l’obiettivo di potenziare una forza politica “amica” a scapito dei propri rivali politici o militari, invece di evitare disastri umanitari o d’istituzionalizzare un meccanismo non-violento dopo la conclusione del conflitto. Purtroppo, la storia degli Stati arabi è colma d’esempi di questo tipo, quali le operazioni dell’Egitto in Yemen nel 1965 o più recentemente in Libia e la Forza Araba di Dissuasione guidata dalla Siria durante la guerra civile libanese.

Ovviamente, la storia non dev’essere considerata come lo specchio del futuro, perciò, anche un intervento arabo congiunto, oggi, potrebbe avere dei risultati diversi dai tentativi passati. Ciononostante, ci sono pochi indicatori che sostengono questa tesi. Se le coalizioni che emergeranno vorranno evitare gli stessi errori, le parti in causa dovranno ripensare al proprio approccio.

Dato che uno dei risultati possibili di un intervento armato è la guerra civile, i leader arabi dovrebbero rivedere, soprattutto, i processi attraverso cui la politica di sicurezza nazionale è formulata, integrare le relazioni civili-militari, fornire un addestramento rilevante in peace-keeping e peace-building, incoraggiare la cultura politica e affrontare complessi socio-psicologici. Se tutto questo dovesse mancare, il pericolo è che la nuova colazione potrebbe diventare nuova sorgente di instabilità anti-democratica e settaria, acuendo il conflitto sunnita-sciita.

Omar Ashour è un docente di Sicurezza nazionale e internazionale presso l’Università di Exeter e associato della Chatman House. Ha pubblicato “The De-Radicalization of Jihadists: Transforming Armed Islamist Movements” e “Collusion to Collision: Islamist-Military Relation in Egypt”.

Vai all’originale

I punti di vista e le opinioni espressi in questa pubblicazione sono di esclusiva responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente il punto di vista di Arabpress.eu