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Tunisia: quale futuro per la troika?

Lo Shaykh Rashid al-Ghannushi, leader del partito al-Nahda, ha chiesto al Presidente tunisino ad interim Moncef al-Marzuqi di “comprendere il suo ruolo in questa fase”. Costui aveva accusato il movimento di cercare di ripristinare un controllo totale sullo Stato, al pari del regime di Ben ‘Ali.

Venerdì 24 agosto, in occasione del congresso del partito Conferenza per la Repubblica, di cui al-Marzuqi fa parte, al-Ghannushi aveva affermato di discordare con il Presidente ad interim su molteplici questioni nonostante la troika sia “il primo esempio di coalizione tra forze islamiche moderate, secolari [anch’essi moderati] e liberali di tutto il mondo arabo e islamico”. In questa fase transitoria, ha aggiunto lo Shaykh, è necessario che la riconciliazione e la pace sociale poggino sul principio di uguaglianza, specie tra uomini e donne. Ciò è più facilmente realizzato da un sistema repubblicano basato sul parlamentarismo, piuttosto che sul modello presidenziale per il quale parteggia la Conferenza per la Repubblica.

Durante l’apertura del congresso del proprio partito, al-Marzuqi ha espresso i timori dovuti ai ritardi del governo in numerose istanze: contrasto alla corruzione, scarso incoraggiamento della giustizia transitoria, ritardo nei progetti di sviluppo per citarne alcuni. Il Presidente ha lanciato l’accusa di monopoli ai membri di al-Nahda. Costoro mirerebbero a piazzarsi in tutte le posizioni apicali della politica e dell’apparato burocratico, motivo per cui insistono sul parlamentarismo.

Hamad ibn Salim, leader di al-Nahda e Ministro dell’Agricoltura, ha rimproverato ad al-Marzuqi di doppiogiochismo: “non può stare al palazzo di Cartagine e all’opposizione, al medesimo tempo” ha detto.

Una breve riflessione: lo scontro tra i due principali raggruppamenti della troika, al-Nahda e la Conferenza per la Repubblica, si innesta sulla questione istituzionale. Che cosa significa ciò? Il principio parlamentare differisce da quello presidenziale per il rapporto che ciascuno di essi instaura tra i poteri, specie tra quello legislativo e quello esecutivo. Nel primo caso l’esecutivo è una diretta emanazione della maggioranza politica individuata in Parlamento a seguito di elezioni libere e democratiche. L’Assemblea è l’unico organo veramente democratico, sede della sovranità popolare. L’esecutivo è quindi formato da ministri di un solo colore (esecutivo monocolore) o frutto di una negoziazione e dunque appartenenti a diversi schieramenti. Per converso nel sistema presidenziale tipico degli Stati Uniti e di molti altri paesi dell’America Latina, l’esecutivo (cioè il Presidente) ed il Parlamento stanno tra di loro in un rapporto di opposizione paritetica: ambedue traggono diretta legittimazione dal voto popolare e pertanto non sono legati da alcun rapporto di fiducia. Questo meccanismo presenta determinati vantaggi e permette, virtualmente, a schieramenti opposti di occupare le due più alte cariche dello Stato. Nel modello parlamentare invece vige la severa regola del the winner takes all. Alla luce di ciò si intuisce perché al-Nahda propende per la scelta parlamentare: i numeri che ha raccolto all’elezione dell’Assemblea Costituente potrebbero trasferirsi alle prossime elezioni parlamentari, creando un esecutivo a maggioranza nahdawi. Due sono le incognite: la performance di al-Nahda non è ben giudicata dalla popolazione ed una certa parte dei tunisini ha perso la fiducia che aveva riposto in questo partito. Infine se l’opposizione tra al-Ghannushi ed al-Marzuqi dovesse radicalizzarsi, il successo sarà assicurato a chi tra i due sarà in grado di attrarre a sé Ettakatol, terzo polo della troika.

Tuttavia esiste anche l’opzione salafi, terreno che al-Nahda non perde occasione di sondare.

Pietro Longo