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“Prigioniero 52”: la Tunisia e la penalizzazione della marijuana

Di Henda Chennaoui. Nawaat (21/02/2014). Traduzione e sintesi di Silvia Di Cesare.

In Tunisia, la penalizzazione delle droghe è ancora un tabù. Con l’eccezione di alcuni giornali e di una dozzina di attivisti, la questione non è all’ordine del giorno dei politici. Le prigioni sovraffollate di consumatori di droghe leggere non spingono affinché le autorità rispondano a domande strategiche in merito alla prevenzione e alle riforme.

Questa ‘erba’, chiamata hashish, cannabis o zatla, è sempre stata utilizzata in tutte le culture, come medicina, in cucina o per la fabbricazione di vestiti. Tutto ciò prima dell’entrata in vigore di leggi repressive che ne controllano il traffico e l’utilizzo. Gli Stati Uniti sono stati i primi ad applicare una legislazione molto dura contro l’uso di droghe, ma questa non è servita a diminuirne l’utilizzo tra le persone. La Tunisia non ha però imparato la lezione.

La legge tunisina numero 52  del Codice Penale promulgata nel 1992 condanna l’uso di droghe. Questa legge prevede che per i reati di detenzione, uso e commercio di sostanze stupefacenti si deroghi alle leggi utilizzate per tutti gli altri reati. In questi casi infatti vengono applicate delle sanzioni specifiche.

Più facile della prevenzione, la criminalizzazione rimane la priorità del Ministero dell’Interno tunisino.

L’unico centro di disintossicazione, il Centro Amal a Jebel Ovest, è chiuso definitivamente dal 2011. Dalla sua apertura nel 1998, il Centro aveva accolto oltre 1500 pazienti, di cui il 50% erano detenuti. L’unico punto di prevenzione  alla tossicodipendenza in tutta la Tunisia ad oggi si trova a Sfax e può ospitare solo una sessantina di pazienti, una realtà che non riesce a far fronte ai bisogni del Paese. I dati, infatti, dimostrano che oltre il 90% dei giovani tra i 10 ed i 18 anni fanno uso occasionale di stupefacenti.

È qui che si nasconde il vero problema della droga in Tunisia: non c’è la volontà politica di affrontare il problema di fondo. Inoltre, secondo i sostenitori di una riforma della legge 52, il sistema politico sosterebbe il perpetuarsi di questa situazione che, attraverso multe e corruzione, porta a nuovi afflussi di denaro nelle tasche di funzionari di polizia, avvocati e giudici.

Avvocati, attivisti, artisti e semplici cittadini stanno dando vita al movimento “Prigioniero 52” che, come ci racconta l’attivista Amal Amraoui, lotta per “riformare la legge 52 e fermare la repressione della polizia, in nome della lotta alla tossicodipendenza”.

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