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Cosa possono aspettarsi i palestinesi dall’Europa?

Di Mattia Toaldo e Hugh Lovatt. Al-Quds al-Araby (16/10/2014). Sintesi di Giusy Regina

Lo scorso 13 ottobre, il parlamento britannico ha votato in favore del riconoscimento della Palestina. Anche se si è trattato di una mossa più che altro simbolica e senza alcun impatto immediato nella politica della Gran Bretagna, ha rappresentato senza dubbio una pietra miliare nell’evoluzione sia della sua politica che di quella europea riguardo la questione israelo-palestinese.

Il voto britannico arriva poco dopo il riconoscimento della Palestina anche da parte della Svezia. Le due mosse non sono collegate tra loro ma sono prodotti di un fenomeno similare: l’opinione pubblica degli stati membri dell’UE infatti sta cambiando in favore delle aspirazioni del popolo palestinese. Inoltre la questione palestinese stessa resta al centro delle questioni politiche, nonostante l’impatto della guerra civile in Siria e del pericolo di Daish (conosciuto in occidente come ISIS).

Durante l’ultima guerra di Gaza ad esempio, le manifestazioni in Gran Bretagna contro Israele hanno contato oltre centomila persone. Questo ovviamente non significa che gli europei in toto supportano la causa palestinese, anzi, secondo il YouGov Poll dello scorso 5 agosto 2014, la maggior parte dei cittadini inglesi e francesi non simpatizzano per nessuna delle due “fazioni”. Solo il 18% in Francia e il 27% nel Regno Unito sono in favore dei palestinesi, contro l’11% dei francesi e il 12% degli inglesi che invece simpatizzano per Israele.

A livello governativo dunque, il conflitto israelo-palestinese resta una questione divisa: molti governi europei infatti evitano di prendere decisioni difficili a riguardo poiché potrebbero costargli politicamente tanto. Favoriscono lo status quo dunque, portando ad un blocco politico che ha paralizzato la questione ormai da anni.

In ogni caso, il fatto che l’opinione pubblica europea stia supportando la creazione di uno stato palestinese, sta senza dubbio avendo il suo impatto sui governi, e tutto ciò sorprendentemente senza una strategia della leadership palestinese.

Dunque, cosa può fare realisticamente l’Europa e che cosa dovrebbero chieder loro i palestinesi?

Innanzitutto i palestinesi dovrebbero richiamare l’attenzione sulle politiche riguardo i nuovi insediamenti di Israele, chiedendo che le azioni dell’UE siano coerenti con le sue politiche.

In secondo luogo, è importante che si applichi il diritto internazionale.

Terzo, in molte delle sue dichiarazioni, l’UE ha ribadito l’importanza dell’area C per la creazione di uno stato palestinese.

Rispetto agli Stati Uniti, l’Europa ha ovviamente svolto un ruolo molto marginale come guida nel processo di pace e i palestinesi non dovrebbero farsi troppe illusioni su un eventuale cambio di rotta a riguardo. L’influenza europea su Israele non è paragonabile a quella americana, ma, se messa sotto pressione, può senza dubbio alterare l’equazione costi/benefici dell’occupazione israeliana. Per fare ciò, anche la leadership palestinese deve impegnarsi ed agire in questa direzione, sfruttando il fatto che l’Europa sia una comunità fondata sul diritto internazionale.

Mattia Toaldo è analista presso lo European Council on Foreign Relations

Hugh Lovatt è coordinatore Israele/Palestina per ECFR

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