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In Siria è catastrofe e il mondo tace

Siria

Di Alon Ben-Meir. The Huffington Post (12/08/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.

La portata di distruzione e di perdite di vite in Siria non è solo un tragico evento, è una catastrofe. Il mondo vi guarda con apatia e gli unici con un interesse verso quanto sta avvenendo giocano alla politica con le vite di centinaia di migliaia di siriani. Immaginate la catastrofe inflitta ad un Paese e ad un popolo da un dittatore determinato a restare al potere anche a costo di sottoporre la sua nazione a una distruzione di massa.

Quando almeno 250 mila uomini, donne e bambini sono massacrati e 4 milioni di persone diventano rifugiati costretti nei campi, si chiama catastrofe. Quando oltre 7 milioni di persone sono sfollati interni, 14 milioni hanno bisogno di assistenza umanitaria, a decine di migliaia viene impedito di fuggire e non possono ricevere gli aiuti internazionali, con metà del Paese ridotto in rovine, si chiama catastrofe. E quando un’intera generazione di giovani siriani è perduta in quanto porta sulle spalle conseguenze disastrose a lungo termine per le quali il popolo siriano soffrirà per decenni, questo è ancora più catastrofico.

Russia ed Iran sono rimasti accanto al loro spietato alleato Assad, fornendogli senza risparmiarsi una guida militare, finanziaria e logistica che gli serve per continuare a massacrare il suo stesso popolo con la sua macchina assassina. Mentre gli Stati Uniti e alcuni dei loro alleati sono impegnati a combattere Daesh (ISIS) dal cielo, lasciano Assad libero di sganciare barili-bomba, uccidendo indiscriminatamente migliaia di persone ogni mese e cancellando interi quartieri quasi impunemente.

Ora, tuttavia, Assad ha ammesso di star perdendo terreno e di non avere sufficienti truppe per combattere su tutti i fronti. Così ha mandato il suo ministro degli Esteri Walid Moallem ad esplorare una nuova apertura per colloqui di pace coi ribelli siriani da organizzarsi in Oman. L’Iran ha presentato un piano di pace che comprende un cessate-il-fuoco ed un governo di spartizione del potere con Assad che rimarrebbe al suo posto almeno per ora. La Russia ha invitato rappresentanti dei ribelli siriani ed il governo di Assad a Mosca per dei colloqui di pace.

Ma nessuna di queste iniziative porterà ad una soluzione se Washington, Teheran e Mosca non si coordineranno in uno sforzo congiunto per porre fine alla guerra in Siria. Quando gli Stati Uniti hanno condotto il loro primo attacco con un drone a nord della Siria dalle basi in Turchia prendendo di mira solo Daesh, sono diventati alleati di Assad de facto, non fornendo a quest’ultimo alcuna ragione per smettere di devastare il Paese. Anche se la Turchia ha consentito all’amministrazione Obama di attaccare obiettivi di Daesh da basi aeree turche, Ankara sta sfruttando il nuovo accordo per colpire i curdi in Siria.

Alla luce di questo scenario, ogni soluzione politica deve essere ancorata all’istituire un nuovo governo di transizione guidato dalla maggioranza sunnita con una rappresentanza proporzionale di tutte le altre parti etniche e religiose, inclusi gli alawiti (di cui fa parte Assad). Il governo di transizione dovrebbe restare per almeno cinque anni, concentrandosi sul ricostruire la Siria e mantenere la sicurezza interna. Le parti politiche avrebbero così il tempo di organizzare e sviluppare un’agenda con cui gli elettori possano prendere familiarità prima delle elezioni.

Russia ed Iran dovrebbero intimare ad Assad di smettere subito di sganciare i barili-bomba e se rifiuta gli Stati Uniti dovrebbero essere pronti a colpire installazioni militari siriane per fermare la pioggia di barili. La vera domanda resta comunque una: le parti coinvolte troveranno una soluzione per risparmiare a ciò che resta della Siria una catastrofe che il mondo è rimasto a guardare per quasi cinque anni in un silenzio assordante?

Alon Ben-Meir è giornalista e docente di relazioni internazionali e Medio Oriente presso l’Università di New York.

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