Di Tiphaine Le Liboux. Jeune Afrique (30/01/2015). Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo.
Di fronte alla proliferazione e alle brutalità dei gruppi terroristici in Africa, vari osservatori si interrogano sui motivi dell’attrazione che Daish (conosciuto in Occidente come ISIS) esercita su queste formazioni. Incluso il cosiddetto ramo egiziano dei cartelli del jihad iracheno-siriani, che negli ultimi giorni ha condotto sanguinosi attacchi contro l’esercito del Cairo nella penisola del Sinai. Secondo Fabrice Balanche, specialista di Medio Oriente all’Università di Lione, gruppi come questo, spesso nati dalla scissione da altre organizzazioni, guardano a Daish poiché quest’ultimo ha preso il posto della rete che Al-Qaeda aveva costruito sulle macerie lasciate dai vari interventi militari internazionali.
Daish, spiega Balanche, è “di moda”, per la giovane età della maggioranza dei suoi militanti, per il carisma dell’autoproclamatosi califfo Abu Bakr al-Baghdadi, per il fascino di un’ascesa folgorante e di fulminee conquiste territoriali. Definirsi alleati dei cartelli del jihad di Daish significa rosicchiare le briciole del suo fascino e “chi vi aderisce pensa che ciò gli procurerà riconoscimento internazionale”, oltre a inquadrare in una pseudo-ideologia (o pseudo-religione) azioni che altrimenti cadrebbero nella banalità del crimine comune.
Negli ultimi mesi, quattro formazioni terroristiche africane hanno giurato fedeltà e vassallaggio a Daish. Altre hanno preferito restare sotto l’ala di Al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI), mentre il nigeriano Boko Haram si è procurato una fama così prorompente con le sue abominevoli stragi di civili da non aver bisogno dell’egida di nessuno. I gruppi affiliati a Daish sono invece i tunisini di Okba Ibn Nafaa, gli algerini di Jund al-Khalifa, gli Ansar Bait al-Maqdis egiziani e alcune milizie islamiche libiche (le stesse che hanno rivendicato l’attentato contro l’Hotel Corinthia e che probabilmente hanno compiuto l’attacco contro l’ambasciata algerina lo scorso 17 gennaio).
Il gruppo Okba Ibn Nafaa è stato fondato in Tunisia nel 2012 e il 20 settembre scorso si è affiliato a Daish, dopo anni di “onorato servizio” sotto la bacchetta di AQMI. Asserragliati sui monti boscosi di Jebel Chaambi, le sue milizie conducono di quando in quando attacchi contro la gendarmeria tunisina al confine con l’Algeria. Un confine piuttosto poroso attraversato continuamente da ogni tipo di traffici illegali, droga, armi. I cartelli del jihad sono gli stessi dei traffici illegali internazionali.
Oltre confine, si trovano i “soldati del califfo”, i Jund al-Khalifa, diventati famosi con l’efferato assassinio del turista francese Hervé Gourdel. Nel dicembre 2014, il loro capo Abdelmalek Gouri, alias Khaled Abou Slimane, aveva annunciato la sua affiliazione a Daish, dopo anni di incarichi di comando nel ramo algerino di AQMI, guidato da Abdelmalek Droukdel. Invece, Droukdel ha mantenuto la sua fedeltà ad Al-Qaeda e Ayman al-Zawahiri.
Più che formazioni terroristiche di matrice religiosa, tutti questi gruppi si configurano come briciole dalla mafia politico-finanziaria sempre a caccia del capo più potente.
Tiphaine Le Liboux è redattrice presso il settimanale panafricano Jeune Afrique, edito a Parigi.
Add Comment