Di Nasri Al-Sayegh. As-Safir (04/01/2016). Traduzione e sintesi di Federico Seibusi.
L’imam Nimr al-Nimr non è la prima vittima di un’ingiustizia e di certo non sarà l’ultima. La corte dei diritti saudita ha negato la sua innocenza e l’attuazione della pena è un atto di brutalità.
Il regno saudita vive nel timore ed è prodigo di punizioni, confidando in un Occidente accondiscendente, nelle organizzazioni dei diritti umani e nell’informazione mondiale assente. Si tratta di un regno oscuro che pratica l’ingiustizia. Al-Nimr godrà della rabbia sciita, poiché gli sciiti – arabi e non – sono scontenti degli apparati ufficiali di difesa sauditi che intrappolano, spiano e sono in allerta per tutto ciò che è legato allo “sciismo militante”. L’Arabia Saudita perpetra questi crimini e il mondo la copre con il suo supporto. Se ci fosse stata una sospensione della pena, non si sarebbe accusato il regno; ma oramai tutto ciò l’ha messa in guardia dal pericolo di ripercussioni nella zona.
L’imam Nimr non sarà l’ultimo, poiché l’Arabia Saudita ha sottovalutato il grande peso dell’opposizione, affermando che la legittimità della condanna era inequivocabile, basata su una legge rafforzata con religione e wahhabismo. Il centro ufficiale della fatwa afferma che queste sono le regole di Allah che non ammettono distinzioni per nessuno. Dunque, Nimr non ha avuto il diritto di essere distinto dai teorici di Daesh (ISIS), responsabili di attentati ed è stato ritenuto responsabile per aver detto di no: no alla distinzione fra musulmani; no all’ingiustizia e alla deportazione; no alla tirannia e al dispotismo. Ma nel regno, il dire e il pensare sono reato e si desidera una comunità che sia in silenzio, che segua e sia guidata dal diritto oppressivo e che si ritenga lo sciismo un’eresia.
Il regno compie uccisioni, non esecuzioni, poiché la condanna di Al-Nimr non è avvenuta da una corte giudiziaria trasparente e responsabile. La morte dell’imam ha posto la coscienza sciita di fronte a un crocevia pericoloso: difendersi senza violenza, come l’imam, oppure scegliere l’atrocità della violenza. In Iraq, la forte condanna dell’uccisione di Al-Nimr è arrivata a nome di Al-Sistani [ayatollah e guida politica e spirituale in Iraq, ndr], che ha condannato il crimine.
Il regno saudita, nel suo lungo corso, ha intrapreso una guerra per la sua presenza nella regione e, per questo, non accetterà la presenza della Repubblica Islamica fuori dai suoi confini iraniani. Da parte sua, l’Iran cerca di imporre la sua presenza e la sua influenza in Iraq, Siria, Libano, Yemen e Bahrein. Si tratta di un vasto scontro regionale basato sul dualismo religioso fra sunniti e sciiti. Dove ci sono gli sciiti, i sauditi sono sempre in guardia. Espandendosi in Yemen, Iraq, Siria e Bahrein, rafforza la sua posizione di fronte ai movimenti non violenti degli sciiti, e, opera affinché l’Iran non guadagni nulla e non abbia influenza. Contribuisce a militarizzare la soluzione politica siriana, poiché preferisce la risolutezza sul campo che si traduca sul tavolo di Ginevra III in uno status quo, rifiutando che Bashar al-Assad, rappresentante degli Alawiti, rimanga al potere in ogni soluzione politica. Mentre in Yemen rafforza la sua discutibile influenza dove è impegnata nel combattimento militarmente, strategicamente e economicamente per addomesticare gli Houthi.
Storicamente l’Arabia Saudita è uno stato che ha una rappresentanza nella maggior parte dei fronti a eccezione del conflitto israelo-palestinese. Infatti, dall’inizio della Primavera Araba, i sauditi hanno promosso la neutralizzazione dei loro nemici e la difesa dei loro alleati: hanno difeso Hosni Mubarak, accolto Zine El-Abidine Bin Ali a Jedda, assalito i Fratelli musulmani in Egitto e hanno accolto con favore la caduta di Gheddafi, contribuendo al caos della Libia.
Infine, va sottolineato che l’Arabia Saudita non è l’unico colpevole di questa uccisione, poiché le prigioni arabe sono piene di prigionieri politici e di vittime come l’imam Nimr al-Nimr.
Nasry Sayegh è un giornalista ed editorialista del giornale libanese As-Safir.
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