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Aicha el Manoubiya

Donna berbera di chenini sud tunisia di Barbara Ioli da http://www.fotocommunity.it/pc/pc/display/14016229
Donna berbera di chenini sud tunisia di Barbara Ioli da http://www.fotocommunity.it/pc/pc/display/14016229

Quando non si sa con chi prendersela nel mondo musulmano si attaccano le donne e le confraternite Sufi.

La settimana scorsa a Tunisi è stato profanato il mausoleo di Aicha el Manoubiya la zawiyya della santa che aveva osato sfidare la segregazione delle donne nella Tunisi del XIII secolo.

I tunisini la chiamano Sayydet Kawm, Signora della Città una dei maggiori pensatori della storia sufi e una attivista ante litteram per i diritti umani  formata accanto ai grandi sufi del suo tempo aveva applicato alla vita quotidiana la libertà di spirito mostrando grande indipendenza fin dalla tenera età. Di lei si raccontano storie magiche come quella che avrebbe parlato all’interno del grembo di sua madre e si tramanda che si oppose ai privilegi di alcune classi e alla schiavitù.

Nata nel 1190 a Manouba zona rurale vicina a Tunisi Aicha, era di lingua e cultura berbera fatto che la contraddistingueva dalle altre donne di cultura prettamente islamica. Il padre le fece studiare la lingua araba e il Corano ma lei non tralasciò di imparere l’arte della tessitura che ben presto la rese autonoma. Molto bella, rifiutò il matrimonio con un cugino e padrona del proprio destino, si trasferì a Tunisi lontano dalla custodia della famiglia per formarsi in una scuola sufi.

Il suo maestro fu Muhidin Ibn Arabi il grande mistico dell’Islam che aveva teorizzato la parità tra i sessi per la quale uomo e donna sono co-creatori del mondo. Aicha visse in un clima culturale d’eccellenza in cui i grandi maestri non avevano preconcetti verso le donne considerate fratelli nella Tarika sufi e dove le scuole erano liberamente aperte alle donne. La zawiya di Sidi Mehrez nell’XI secolo o di Sidi Ben Arous nel XV secolo erano aperte ad entrambi i sessi ed aperte ai credenti di altre religioni.

L’epoca di Aicha è quella di Averroè teorico dell’uguaglianza dei sessi e della possibiltà che una donna potesse divenire capo di Stato, di Jalal ad-Din Muhammad Rumi nato nel 1207 allievo diretto di Ibn Arabi, che credeva che la donna fosse un raggio di luce divina e che invitava musulmani, ebrei e cristiani per festeggiare insieme il Sama per raccogliere fraternamente tutti i figli di Abramo.

Fortunata Aicha a vivere in quell’epoca: le sue origini berbere la rendevano più aperta alle novità e indipendente nelle scelte. I berberi rifiutavano la poligamia e l’usanza per le donne di coprirsi con il velo ma tutto ciò si radicava in un clima di libertà intellettuale che non aveva ancora risentito della stagnazione culturale che le scuole ortodosse islamiche avrebbero provocato negli anni successivi. La povertà e l’apprendimento attraverso il viaggio importante per i sufi avevano favorito l’espansione culturale prima che una tradizione islamica senza tempo tarpasse le ali alla conoscenza.

Il viaggio sufi è una ubriacatura estatica, è una fuga come in un oceano senza sponde, un godimento della mente che si ottiene dopo aver mantenuto lunghe conversazioni con l’insegnante. Aicha godette di questa fuga intellettuale tanto da diventare maestra della sua scuola. Famosa per avere letto i capitoli del testo coranico esattamente 1520 volte cosa che le consentì una comprensione, una interpretazione e una reinterpretazione più profonda e dinamica. Tra l’VIII e il XV secolo il Maghreb e l’Andalusia erano inseriti in una conoscenza universale  che andava dalla Cina alla Persia fino alla Spagna. I testi venivano tradotti in arabo e diffusi liberamente mentre in Europa, attraverso i testi arabi, si accedeva alla conoscenza superiore e alla scienza.

Aicha negò il velo e rifiutò l’obbedienza ad un marito in nome di una libertà universale che le consetiva di essere vicina a Dio e alle anime del mondo come quando pagò per affrancare degli schiavi tunisini portati in Europa, si occupò delle classi tunisine svantaggiate, respinse la gerarchia e corresse la politica come quando, si racconta, apostrofò il sultano Abu Zakaria fondatore della dinastia degli Hafsidi dicendogli di tornare a casa a piedi scalzi come un semplice sufi.

Una donna eccezionale con delle doti assolutamente speciali che però ebbe modo di diventare grande grazie al clima culturale libero dell’epoca che faceva dell’Oriente la culla della scienza e della filosofia la sua memoria è rimasta intatta e tutt’ora è un riferimento nella tradizione religiosa tunisina. Con la profanazione del mausoleo di Aicha el Manoubiya si colpisce la tradizione, l’anima dei fedeli ma soprattutto si colpiscono le donne tunisine che dalla vita e dalle opere di Aicha vogliono prendere esempio.