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“Via dei ladri” di Mathias Enard

mathias enard
Mathis Enard
Dal blog Con altre parole di Beatrice Tauro

“Gli uomini sono cani, si strusciano fra loro nella miseria, si rotolano nella sporcizia e non sanno come uscirne, passano le giornate stesi nella polvere a leccarsi il pelo e il sesso, pronti a tutto per il pezzo di carne o l’osso marcio che qualcuno vorrà gettargli, e io sono come loro un essere umano quindi un rifiuto immondo schiavo degli istinti, un cane, un cane che morde quando ha paura e cerca le carezze”.

Inizia così “Via dei ladri”, romanzo del francese Mathias Enard, edito in Italia da Rizzoli. Un libro non facile, ruvido, che graffia l’anima del lettore perché racconta una storia di vita senza edulcorazioni, senza abbellimenti, senza protezioni.

La vita è quella di un giovane marocchino, Lakhdar, che trascorre le giornate ciondolando in giro per la sua Tangeri, lunghe ore disteso sugli scogli a guardare le navi che solcano lo stretto, con lo sguardo a inseguire quella costa che sta al di là del mare e che nel suo immaginario rappresenta un mondo nuovo e diverso. Ma Lakhdar, a differenza del suo amico Bassam, non vuole lasciare la sua terra, vuole restare, magari trovare un lavoretto, avere i soldi in tasca necessari per qualche bevuta e una cena con una bella straniera. Sogni di ragazzo, come tanti, come ovunque. Ma la vita è più dura dei sogni, anzi a volte i sogni li distrugge sul nascere. Ed è quello che accade a Lakhdar, buttato fuori di casa dal padre che lo ha scoperto in atteggiamenti intimi con la cugina Meryem. La loro vita insieme viene in un attimo disintegrata e da quel momento per Lakhdar inizierà una parabola discendente che gli farà vivere situazioni al limite della legalità, lo renderà inconsapevolmente complice di attacchi terroristici e lo spingerà a superare quel braccio di mare e rifugiarsi in Europa, cosa che lui non voleva proprio fare.

Ma l’Europa non sarà quell’Eldorado di cui tanti parlavano a Tangeri. Lakhdar vi ritrova la stessa miseria, le stesse violenze, la stessa umanità degradata che ha lasciato fra i vicoli della sua città, con l’aggravante che in una terra straniera ci si sente più soli e più indifesi che a casa propria.

Pian piano tutte le speranze in un futuro migliore si sgretolano e a Lakhdar non resterà altro da fare che compiere un gesto estremo che, almeno nella sua mente, sarà servito all’umanità, un gesto che gli restituirà la dignità persa nel corso della sua giovane e breve vita.

Le vicende narrate da Enard in questo avvincente romanzo, ci portano dalle atmosfere della Primavera Araba alle lotte degli Indignati spagnoli, in una comunanza di ideali e di battaglie che troppo spesso sfumano nell’indifferenza e nel ritorno allo status quo.

Interessante l’ambientazione tangerina della prima parte del romanzo che richiama alla mente le immagini suscitate dai romanzi di Bowels ambientati nella stessa città: i vizi, il degrado, le miserie umane sono le stesse, gli occhi con i quali le si guarda e l’atteggiamento con cui si vive la città appaiono differenti. La differenza fra chi quel luogo lo ha scelto e chi invece lo ha subito.

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