Non è stato un colpo di fulmine, né fascinazione. Non è stato un libro letto, un documentario o una curiosità di cui si accenna vagamente in una guida turistica qualunque.
Ci sono voluti mesi, anni, prima di poter dire che questa, in fondo, era diventata una parte imprescindibile di me stessa. Una parte ricca di contraddizioni e segreti ancora da svelare che si riflettono qui, tra le immagini di oggi e quelle di ieri, tra mito e realtà.
Mi sono chiesta quale fosse il modo migliore per raccontare Tangeri, più di quanto e di come non l’abbiano già fatto negli ultimi due secoli scrittori, pittori e artisti d’ogni genere. Perché di Tangeri si può raccontare la Storia o le storie. Di Tangeri si possono ricordare le Nazioni come anche l’internazionalità o le comunità di spagnoli, francesi, italiani, inglesi, ebrei… Si può dire della marocchinizzazione post-indipendenza.
Oppure è Tangeri nelle immagini, nelle fotografie d’epoca, nei dipinti orientalisti del XIX secolo?
E la Tangeri d’oggi… chi è oggi Tangeri?
Sin dai primi periodi dei miei soggiorni tangerini, ho avuto sempre la sensazione di essere come in un teatro dismesso, all’ombra di una
scenografia nascosta dal disordine urbanistico e dal continuo camminare della gente.
Al principio è sfuggente, diffidente, osserva ma non dice: a catturarti è il movimento, il mercato, il contatto con le centinaia di passanti che invadono la medina; eppure ben presto lo sguardo incrocia i palazzi con i loro balconi decadenti e splendidi e sembra che qualcosa riprenda vita, ecco la presenza di una Tangeri che vuole parlare, farsi scoprire, dar voce ai suoi segreti.
È un caso, tra l’altro, che il mio amore sia nato proprio in rue d’Italie.
A Tangeri quindi è dedicato questo blog dal nome “Luce su Tangeri”, in senso letterale perché la luce su questa città è unica e la illumina e la colora a ogni ora di ombre e tonalità diverse; ma anche in senso metaforico perché la luce rischiara le menti da pregiudizi e fanatismi e insegna.
Emanuela Barbieri
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