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petrolioTraduzione e sintesi di Carlotta Caldonazzo

La scoperta da parte del fisco britannico di una filiale della compagnia nazionale algerina Sonatrach con sede alle Isole Vergini pone nuovamente alla ribalta la questione della corruzione petrolifera, già rilevata dall’inchiesta sulla filiale di Eni Saipem.

Gli idrocarburi inquinano, non solo per le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera. Di certo inquinano l’ambiente, come in questi giorni la macchia di petrolio a largo di Skikda, ma spesso inquinano anche i meccanismi di gestione degli stati che li producono. A risentire dei loro miasmi sono ad esempio le strategie politiche delle petromonarchie del Golfo o di paesi come l’Algeria, dove le esportazioni interessano per circa il 98% questi fossili eccellenti. Un motivo in più per puntare i riflettori sui meccanismi di estrazione e lavorazione o sui tentativi di tenere l’opinione pubblica all’oscuro dei programmi di sfruttamento degli idrocarburi non convenzionali (come il gas da scisti argillosi) e su come le autorità algerine gestiscono gli investimenti stranieri e le rispettive rendite.

La Sonatrach Petroleum Corporation (SPC), filiale di Sonatrach con sede legale alle Isole Vergini, va detto, è in buona compagnia. Il minuscolo arcipelago ospita infatti oltre il 40% delle società del mondo, il che tradotto in termini fisici significa qualche migliaio di sedi legali per edificio. Per lo più società offshore e di questo tipo sembra essere anche la SPC, i cui unici recapiti conosciuti sono a Londra. Il sito ufficiale www.sonatrach.co.uk risulta in costruzione, o per meglio dire in via di raffinamento, ma alcune informazioni si possono leggere su Bloomberg Businessweek: creata nel 1989, la SPC ha come presidente, amministratore e direttore esecutivo nientemeno che Mohamed Meziane, ex direttore generale della Sonatrach condannato il 7 dicembre 2011 (con altri notabili della stessa società) a un anno di prigione per malversazione. Probabilmente, osserva il quotidiano algerino Le Matin, a sostituirlo dopo l’uscita di scena dell’ex ministro delle risorse minerarie e del petrolio Chakib Khelil è stato Ali Bouzid, ma questi risulta direttore della SPC dal 2008 (http://neftegaz.ru/en/news/view/76221). Inoltre Sonatrach, da quanto si legge sul suo sito ufficiale, affitta alla SPC le metaniere che trasportano il gas al porto di Arzew. Si crea dunque il paradosso di una compagnia nazionale che affitta navi alla sua filiale con sede nel paradiso fiscale delle Isole Vergini, che a sua volta fattura i prodotti alla società madre. La SPC peraltro è una holding costituita da 17 microsocietà di cui sei a capitale misto mentre le altre a capitale interamente algerino. Quanto al capitale sociale della SPC, è ben poca cosa  rispetto agli utili dichiarati (circa 15 milioni di dollari). Più che specializzata nel trasporto e nella commercializzazione di idrocarburi questa strana società sembra dedicarsi alla vendita al dettaglio di gas naturale, considerando anche le dimensioni delle navi in suo possesso.

Recentemente la SPC è finita nel mirino delle autorità britanniche, che indagano su possibili fenomeni di evasione e frode fiscale. Base imponibile calcolata al ribasso, fatture false o maggiorazione dei prezzi di acquisto di mezzi e materie prime, false operazioni di compravendita, dichiarazioni false sugli utili. Queste per ora sono le piste seguite da Londra, ma nulla esclude la possibilità di vedere ampliato il campo delle indagini. Una congiuntura negativa per gli idrocarburi algerini, marcata anche dalla corsa febbrile allo sfruttamento dei gas da scisti, dall’aggressività del Qatar sul mercato del gas, dalle questioni poste sulla sicurezza degli impianti a seguito dell’attentato di In Amenas e soprattutto dalla corruzione degli apparati di stato algerini emersa dall’inchiesta su Saipem.

Fonte principale: http://www.lematindz.net/news/11288-sonatrach-petroleum-une-entreprise-publique-dans-un-paradis-fiscal.html