Politica

L’ombra di al-Qaeda aleggia sulla Siria?

55 vittime, centinaia di feriti, una ferita profonda nel cuore della capitale siriana e nuove ed allarmanti incertezze su chi realmente stia combattendo per rovesciare Bashar al-Assad. Questo sembra essere l’immediato bilancio del devastante attentato perpetrato lo scorso 10 di maggio a Damasco, una brusca escalation della violenza che sta alimentando gli spettri di un possibile coinvolgimento di elementi jihadisti nel Paese. Tuttavia la realtà in Siria è molto più complessa, ed avvalorare la tesi del Governo Assad – “è stata al-Qaeda” – o dell’opposizione – “il responsabile è il Governo”- rischia di approfondire quel senso di confusione che in parte continua a permettere al regime siriano di continuare a sopravvivere.

Probabilmente è corretto affermare che perpetrare un attentato di questa portata richiede delle capacità organizzative e operative che solo un Governo (il regime siriano), un attore non statuale supportato da un Governo (una fazione dell’opposizione sostenuta da elementi interni al regime siriano) o un’organizzazione terroristica (al-Qaeda) possono avere, ma è più che probabile che una demarcazione così netta non è in grado di catturare quando realmente sta accadendo in Siria negli ultimi mesi. Se in parte chi continua a fare il nome di al-Qaeda sembra ancora legato a quella logica che vede i tentacoli dell’organizzazione jihadista diffondersi in ogni angolo del Medio Oriente reso instabile dal post Arab Spring, è anche vero che in Siria un gruppo jihadista locale esiste, il Jabhat al-Nusrah (JN). Quest’ultimo la responsabilità di quell’attentato non l’ha ancora reclamata, ma in un comunicato apparso pochi giorni fa ha negato di essere dietro il presunto video di rivendicazione presentato dal Governo di Assad come prova del presunto coinvolgimento del JN nei fatti di Damasco.

Questo scambio mediatico non ha quindi messo un punto definitivo alle speculazioni su chi sia dietro l’attentato del 10 maggio, ma nel corso dell’ultima settimana si sono moltiplicate le notizie secondo le quali in Siria 26 combattenti stranieri sono stati arrestati di recente con l’accusa di esserci recati nel Paese per combattere il Jihad. 19 di questi sarebbero Tunisini, provenienti da diverse città del Paese, e secondo le notizie bibliografiche sul loro passato quasi tutti avrebbero alle spalle un periodo di militanza jihadista, sarebbero stati arrestati dalle autorità tunisine e sarebbero stati scarcerati dopo la caduta di Ben Ali.  La presenza di Tunisini in Siria è stata poi confermata da un recente video apparso sulla rete, in cui un gruppo di cinque uomini con alle spalle la bandiera jihadista ha glorificato il martirio di cinque combattenti provenienti da Ben Guerdane, al confine con la Libia, uccisi ad Homs.

Tutto lascia quindi pensare che in Siria fazioni e combattenti jihadisti, anche provenienti dall’estero, stiano realmente combattendo contro il regime di Assad, rappresentando chiaramente un ostacolo, soprattutto dal punto di vista della legittimità, per le forze del Free Syrian Army alla disperata ricerca di sostegno internazionale. Questi combattenti e questi jihadisti non stanno tuttavia combattendo sotto l’ombrello di al-Qaeda, ma sotto la bandiera del più classico dei Jihad, quello in difesa di Musulmani attaccati, secondo la loro retorica, da un Governo non-musulmano ed infedele, quello di Bashar al-Assad.

Ludovico Carlino

About the author

Zouhir Louassini

Zouhir Louassini. Giornalista Rai e editorialista L'Osservatore Romano. Dottore di ricerca in Studi Semitici (Università di Granada, Spagna). Visiting professor in varie università italiane e straniere. Ha collaborato con diversi quotidiani arabi tra cui al-Hayat, Lakome e al-Alam. Ha pubblicato vari articoli sul mondo arabo in giornali e riviste spagnole (El Pais, Ideas-Afkar). Ha pubblicato Qatl al-Arabi (Uccidere l’arabo) e Fi Ahdhan Condoleezza wa bidun khassaer fi al Arwah ("En brazos de Condoleezza pero sin bajas"), entrambi scritti in arabo e tradotti in spagnolo.

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