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L’Europa e i suoi tentativi di tenere l’immigrazione a distanza

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Di Abdul Nour bin Antar. Al-Araby al-Jadeed (21/05/2016). Traduzione e sintesi di Antonia Maria Cascone.

Nell’affrontare il problema dell’immigrazione, l’Europa si avvale di una serie di strumenti, fra i quali la stipula di trattative con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Lo scopo principale è che essi accolgano i migranti respinti alle porte dell’UE, creando centri di accoglienza che ospitino non solo i cittadini di quei Paesi, ma anche coloro che sono semplicemente transitati da lì. L’obiettivo è quello di tenere la questione a debita distanza, trovando una soluzione al fenomeno al di fuori dei propri confini, gestendolo in modo che siano gli altri Paesi ad occuparsene.

Nell’idea di questi centri di accoglienza vi sono vari risvolti vantaggiosi. Anzitutto, la soluzione alla questione è tenuta a distanza dal territorio europeo, cosa che limita la pressione incombente sull’opinione pubblica, divisa tra chi incrimina l’UE per non assumersi le sue responsabilità a livello umano e chi la incolpa per aver accolto immigrati a discapito dei cittadini europei. In secondo luogo, l’accoglienza dei migranti in questi centri significa che le possibilità che essi ritornino entro qualche giorno ai Paesi d’origine sono maggiori delle possibilità che essi riescano a mettere piede sul suolo europeo. Inoltre, ciò significherebbe liberarsi dell’onere morale di accogliere i rifugiati nei centri d’accoglienza in Europa, con il carico di condanne da parte delle associazioni per i diritti umani a causa delle condizioni di vita inadeguate dei migranti, nonché della preoccupazione della sicurezza.

Questo è un ottimo mezzo, inoltre, per coinvolgere i Paesi della sponda meridionale del Mediterraneo nelle politiche europee, senza che essi ne siano tuttavia membri. Accettando la gestione dei centri di accoglienza, questi Paesi sono coinvolti nella lotta all’immigrazione e costretti a impiegare risorse ancora maggiori di quelle messe in campo dall’Europa, che al contrario dovrà impiegare molte meno risorse economiche dato che i costi dei centri di accoglienza sono minori di quelli previsti nel territorio dell’UE. Infine, questi centri rendono più semplice l’integrazione di questi migranti, sia quelli non ancora partiti che quelli già respinti.

La soluzione “collettiva” dell’Europa consiste nel coinvolgere i Paesi del Maghreb in questi accordi, limitando il flusso di migranti dalla Libia all’Italia e aprendo centri di accoglienza in quell’area, scaricando su di essa, di fatto, anche tutto il peso della crisi libica dovuta principalmente all’intervento occidentale.

Sembra che l’Europa voglia replicare l’accordo con la Turchia (per ogni rifugiato respinto un rifugiato viene accolto nell’Unione), sostenendo che l’orda di migranti e rifugiati ha superato completamente la capacità di assorbimento dell’UE e dei suoi Paesi. Lo scopo è quello di generalizzare questo modello, legato alla prospettiva del ritorno dei migranti e dei rifugiati alle loro terre d’origine.

Accetteranno gli altri Paesi, ad esempio quelli del Maghreb, l’accordo modellato sull’intesa turco-europea? Difficile esprimersi in materia. Tuttavia, si può dire che quest’ultima intesa è la conseguenza del rapporto turco-europeo, che non è affatto uguale a quello che intercorre tra l’UE e i Paesi del Maghreb. Considerata la relazione tra Turchia ed Europa e il ruolo della Turchia nel conflitto siriano, l’accordo ha talune specificità e le possibilità di replicarlo sono molto remote. Tuttavia è molto probabile che l’UE cercherà di farlo in ogni modo, in una versione adattata alle esigenze della situazione attuale.

Abdul Nour bin Antar è uno scrittore e ricercatore algerino.

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