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La liberazione di Mosul si fa attendere

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Tra la ripresa dell’ISIS e i ritardi dell’operazione militare iracheno-statunitense, la liberazione di Mosul sembra ancora lontana.

Di Iyad al-Dalimi. Al-Araby al-Jadeed (27/12/2016). Traduzione e sintesi di Laura Formigari.

Sono trascorsi due mesi e mezzo dall’inizio dell’operazione militare volta a liberare la città di Mosul, conquistata da Daesh (ISIS) nel giugno 2014. Nonostante le dimensioni delle forze coinvolte e la copertura aerea americana, i risultati tardano ad arrivare, alla luce dell’inaspettata difesa organizzata da Daesh e della complessità della situazione militare e politica.

Si è parlato molto della Divisione d’Oro, dei suoi numerosi responsabili militari a Baghdad e a Washington, come la miglior forza irachena in campo dall’invasione americana del 2003. Come previsto dagli Stati Uniti, dopo l’espulsione dell’ISIS, questa forza doveva essere l’unica ad entrare a Mosul, essendo, parole degli USA, non soggetta a infiltrazioni delle milizie sciite e immune alle logiche settarie, a differenza di altri segmenti dell’esercito iracheno, per non parlare delle milizie che rientrano sotto l’ombrello del Fronte di Mobilitazione Popolare.

Malgrado tutte le dichiarazioni provenienti dall’Iraq, che si era dimostrato ottimista all’inizio della battaglia di liberazione di Mosul, vi sono altre dichiarazioni rilasciate da fonti irachene circa un cambiamento nel piano militare della battaglia. Con l’inizio dell’operazione militare, i civili ai quali il governo di Baghdad ha chiesto di rimanere nelle proprie abitazioni, stanno pagando il prezzo di questo ritardo: bombardamenti da parte dell’artiglieria irachena, delle milizie sciite nella parte occidentale della città e dei combattenti dell’ISIS sulle aree recuperate dall’esercito.

La liberazione di Mosul tarda ad arrivare non solo per i retroscena politici e militari delle forze coinvolte sul campo ma anche per la ripresa veloce e sorprendente dell’ISIS. I corrispondenti dall’Iraq della stampa statunitense, del Washington Post in particolare,  affermano che i territori nei quali è penetrato l’esercito iracheno non possono definirsi “liberati” per il semplice fatto che i combattenti dell’ISIS hanno scavato gallerie e città sotterrane e hanno potuto quindi ripristinare il loro controllo su molte di queste aree. Per questo motivo la liberazione di Mosul potrebbe richiedere ulteriore tempo e vittime e il governo di Baghdad si dice disposto a riprendere la città a qualsiasi costo.

Nonostante i comunicati governativi iracheni affermino il contrario, l’ISIS non sembra attraversare una fase di crisi; al contrario sembra aver incassato il primo attacco ed essere, ora, in una situazione di ripresa. Lo stesso non si può dire del governo iracheno e degli USA: i ritardi nell’operazione militare potrebbero spingere le forze all’attacco a commettere azioni folli, come ad esempio bombardamenti casuali su zone abitate per costringere l’ISIS alla ritirata. Un’altra opzione potrebbe riguardare un maggior utilizzo delle milizie del Fronte di Mobilitazione Popolare, con il pieno supporto degli USA, una scelta, questa, che potrebbe spalancare le porte della crisi settaria in Iraq.

Iyad al-Dalimi è un scrittore e giornalista iracheno.

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