Politica

Il Natale a Gaza

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Di Adel Zaanoun. Your Middle East (24/12/2015). Traduzione e sintesi di Maddalena Goi.

“In un primo momento se ne sono andati per studiare altrove”, dice Manna, di 62 anni, mentre sta in piedi davanti alla grande croce di legno di una chiesa cattolica latina della città di Gaza spiegando che i suoi figli si sono trasferiti in Europa. “Ma non sono mai ritornati perché non c’è lavoro che permetterebbe loro di rimanere qui con noi”.

Il numero di cristiani a Gaza è in forte calo. Non sono altro che una piccola percentuale della popolazione di Gaza a maggioranza musulmana, e affrontano le stesse difficoltà di chiunque altro abiti nell’enclave devastata dalla guerra. Ma ultimamente si sono aggiunte altre tensioni. Le preoccupazioni maggiori derivano dalla crescita del seme estremista a Gaza, dove i jihadisti salafiti hanno iniziato a rappresentare una notevole sfida al movimento islamista di Hamas che governa il territorio.

“Se i giovani se ne vanno in America o in Europa è perché qui non vedono nessuna opportunità per il futuro”, sostiene Saad, di 50 anni: “La vita sta diventando opprimente e l’estremismo è in crescita”. Anche il pensiero di muoversi in altri paesi arabi del Medio Oriente è inimmaginabile e pericoloso a causa dei crimini di Daesh (ISIS) che ha preso di mira i cristiani in Siria, Iraq e Libia.

I territori palestinesi sono situati in Terra Santa, la culla del cristianesimo, e includono anche Betlemme, la città della nascita di Gesù secondo la tradizione cristiana. Ma il numero di cristiani che oggi vive in Palestina è sceso a 52mila, pari all’1,37% della popolazione palestinese totale. La maggior parte di loro vive nella Cisgiordania occupata, mentre meno del 6% abita a Gaza.

In soli 10 anni il numero di cristiani che vive nella striscia è dimezzato. Nel frattempo, la vita a Gaza è diventata sempre più difficile. La piccola enclave palestinese stretta tra Israele, Egitto e il Mar Mediterraneo, si trova sotto il blocco israeliano con centinaia di case che sono state distrutte nel 2014 durante la guerra contro Israele. La ricostruzione del paese è stata molto lenta a causa sia del blocco sia della mancanza di denaro e della debole coordinazione tra Hamas e Al-Fatah, a guida dell’Autorità Palestinese basata in Cisgiordania. Attualmente, circa 2/3 di persone sono disoccupate e un recente sondaggio dimostra che metà dei cittadini di Gaza vogliono lasciare il loro paese, sebbene il blocco e i rigorosi controlli alle frontiere da parte di Israele e Egitto impediscano di farlo.

Il capo della chiesa cattolica romana nella città santa ha parlato della sofferenza di Gaza durante una messa celebrata alla Chiesa della S. Famiglia in una delle rare visite alla striscia per festeggiare il Natale: “Abbiamo visto violenza, esilio, rabbia e dolore”, ha riferito Fouad Twal, il patriarca latino di Gerusalemme di origine giordana: “Riponiamo le nostre speranze nell’anno nuovo che possa portare più giustizia, uguaglianza, unità e misericordia tra i popoli”. Ha anche parlato di coloro che soffrono, che sono sfollati o le cui case sono state distrutte e che hanno perso le loro proprietà.

George Antoun, un cristiano di Gaza, dice che è difficile celebrare il Natale in questo clima: “Noi ricordiamo la nascita di Gesù Cristo, ma allo stesso tempo stiamo soffrendo per quello che succede in Palestina. Preghiamo che il re della pace, il nostro signore Gesù, ci porti pace e che la Palestina sia liberata in modo che saremo in grado di vivere una vita normale come tutti perché è un nostro diritto”.

Ma tra le numerose difficoltà che affrontano gli abitanti di Gaza c’è anche quella di visitare Betlemme. Nonostante la città della natività si trovi a meno di 100km da Gaza, per i suoi cittadini è come se fosse completamente in un altro emisfero, bloccati come sono dalle restrizioni israeliane di visitare la Cisgiordania. Quest’anno Israele ha concesso 800 permessi ai cristiani di Gaza per consentire loro di recarsi in visita a Gerusalemme e in Cisgiordania.

Adel Zaanoun è un giornalista palestinese.

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