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Escalation in Siria

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siriaEditorial (El Pais 14/12/2012). Traduzione di Claudia Avolio.

 

La Siria patisce una dura guerra civile che è al contempo un conflitto regionale, uno scontro armato tra Iran e sciiti dinanzi ad Arabia Saudita e sunniti. Da come andrà a finire – e la fine non giungerà solo con la caduta di Bashar al-Assad e del suo regime – dipenderà l’equilibrio di forze e la stabilità nella zona. Dopo ventun mesi di rivolta contro questa feroce dittatura e della brutale spianatura dei ribelli da parte delle forze del regime, i venti cominciano a soffiare contro quest’ultimo, in una escalation tanto diplomatica quanto militare.

 

Sul terreno i ribelli avanzano, mentre nello scenario internazionale l’opposizione finalmente unita attorno alla Coalizione Nazionale è stata riconosciuta come unico interlocutore valido da un centinaio di Paesi – riunitisi mercoledì a Marrakech – a partire dagli Stati Uniti sul sentiero segnato dagli europei. Al momento tale riconoscimento diplomatico non ha conseguenze miltari per il Libero esercito siriano, anche se mina l’idea di un’uscita politica dal conflitto rispetto a una lotta a morte. Man mano che i ribelli diventano più forti, il regime utilizza contro di loro e la popolazione civile armi più mortifere.

 

Prima c’è stata l’artiglieria pesante, poi l’aviazione, e adesso – secondo le accuse dell’UE – missili Scud. Assad deve sapere che non potrà usare armi chimiche senza attrarre la devastazione contro di sé e i suoi. Il mondo assiste quasi impavido a questa carneficina. Gli occidentali non si permettono – malgrado dovrebbero farlo – di istituire una zona d’esclusione aerea che permetterebbe ai ribelli di respirare e di affondare Assad. Perché la Siria non è la Libia. Non c’è, poi, l’avallo dell’ONU per via dell’opporsi di Cina e Russia che, malgrado ciò, si vanno convincendo dell’inevitabilità della caduta di Assad.

 

E la Siria dispone di sistemi antiaerei potenti. Inoltre, l’occidente è dubbioso sull’invio di armi ai ribelli per timore che cadano nelle mani di jihadisti stranieri legati ad al-Qaeda, molto attivi in questa guerra, coi quali dovrà lottare in futuro. Sono l’Arabia Saudita e il Qatar quelli che stanno equipaggiando il Libero esercito siriano con armi moderne. Il non intervento ha dei limiti. Il riconoscimento dell’opposizione siriana dovrebbe accompagnarsi all’invio, controllato, di armi a coloro che lottano sul terreno contro Assad. Gli occidentali, come stanchi, avanzano verso una partecipazione vergognosa. Potrebbero arrivare tardi.

Link: Escalada en Siria