Di Nina Kozlowski. Tel Quel (15/01/14). Traduzione di Alessandra Cimarosti.
La morte di un camerunense a Boukhalef, sobborgo di Tangeri, ha intensificato i dissensi tra marocchini e sub-sahariani. Da quel momento infatti, la cittadina vive momenti di alta tensione.
“È come se vivessimo un western qui. Le persone passano il tempo a guardarsi intorno, non ci sono veri legami tra gli abitanti”, afferma uno studente che abita a Boukhalef da due anni. Nel quartiere, situato a 10 km da Tangeri, l’atmosfera che si respira è pesante, molto pesante. Le strade sono silenziose. I marocchini e i sub-sahariani non si mescolano. Ci sono occhiate sospettose, oppure ci si ignora. Tra i palazzi nuovi e i cantieri in costruzione si vive la paura dell’altro, il razzismo.
“La tensione è sempre stata onnipresente, ma la morte di Cédric Bété non ha per niente aiutato”, commenta Mohamed Serifi, rappresentante dell’UNICEF a Tangeri. Il giovane camerunense ha trovato la morte cadendo da un tetto, in seguito ad un sopralluogo della polizia, il 4 dicembre scorso. Il giorno dopo la tragedia, la comunità sub-sahariana si è detta indignata: “Molti marocchini hanno marciato con noi, altri invece ci hanno lanciato pietre e insultati”, racconta un residente camerunense. Qualche giorno dopo, un centinaio di marocchini è sceso in piazza per denunciare l’insicurezza e reclamare l’ordine, lamentandosi della presenza dei sub-sahariani.
Numerosi sub-sahariani aspettano un’occasione per raggiungere l’Europa. La maggior parte si trova in situazioni irregolari, con impieghi informali e è soggetta a tutti i tipi di voci. Sono accusati di vendere droga, armi e di essere precari. Seduto ad una terrazza di un café, Nasser, un abitante del quartiere, confessa di volere vendere il suo appartamento a tutti i costi, pur di andarsene via: “Non sono il solo, molti hanno comprato a Boukhalef e quando tornano in Europa si ritrovano la casa occupata dai sub-sahariani”. Tutti hanno paura di tutti. Se i sub-sahariani sono dei “criminali”, i marocchini sono dei “razzisti ipocriti” secondo Hervé, cittadino camerunense. Fin dal suo arrivo ha ricevuto regolarmente insulti e anche attacchi fisici. Ma ciò che lo fa innervosire maggiormente è che i prezzi aumentano a seconda del cliente: “Stranamente, per un nero un chilo di banane passa dai 10 ai 12 dirham e gli affitti dai 700 ai 1500″. Ci sono anche camerunensi più sereni, è il caso di Marie-Michèle che si è fatta accettare dimostrando le sue buone credenziali.
Impantanata nella povertà e nella disoccupazione, Boukhalef vive quotidianamente le incursioni della polizia. “Le autorità vengono due volte al giorno, la mattina presto e nel pomeriggio o in tarda serata” afferma Fotou, amico di Hervé: “A volte ci colpiscono o rubano le nostre cose”. I due non tengono più il conto di quante volte sono stati arrestati e portati fino a Tetouan o a Kenitra. “Il giorno in cui è morto Cédric, molti sub-sahariani sono stati arrestati e portati a Kenitra. La maggior parte è tornata a Tangeri a piedi”, racconta un militante dell’AMDH. Una situazione che sciocca molti sub-sahariani, soprattutto quelli che hanno sentito parlare della campagna di regolarizzazione, in seguito alla pubblicazione del rapporto sull’immigrazione del Consiglio nazionale dei diritti dell’uomo, a settembre. “Oggi, vorremmo sentire cosa ne pensa Mohammed VI. Ha approvato le raccomandazioni del CNDH ma ancora non si vedono i risultati”, dichiara Marie-Michèle.
Ancora non è stata fatta luce sulle circostanze della morte del ragazzo camerunense. Nell’attesa, il corpo non è ancora stato restituito alla famiglia. “Assistiamo a un doppio gioco delle autorità che utilizzano la repressione e i bei discorsi” afferma Mohamed Serifi. L’inchiesta è stata aperta, ma è in fase di stallo e le tensioni non sono certo diminuite.
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