Di Rabie Barakat. As-Safir (19/03/2014). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti.
Uno degli aspetti più preoccupanti della rivoluzione siriana è l’estremismo e le tutte le dinamiche che ha innescato. Hezbollah non fa differenza, anche se con qualche eccezione. Il partito di Dio, infatti, pur sforzandosi di contenere le ripercussioni della sua affiliazione, non si è impegnato abbastanza da opporsi alla propaganda contro di esso che gli altri gruppi hanno diffuso. Allo stesso tempo, però, le linee del partito che erano state stabilite sono uscite dal tracciato e il cattivo comportamento di Hezbollah è visibile non soltanto al suo esterno, ma anche al suo interno.
Hezbollah deve modellare un discorso chiaro sulla questione siriana. Attualmente, infatti, il difetto narrativo del partito riguarda il suo approccio alla questione siriana che continua a rimanere sostanzialmente legato a concetto di resistenza, senza prendere il considerazione l’altra questione della rivoluzione: l’estremismo e la violenza fondamentalista, questioni che sono esistenziali per i grandi gruppi civili del Levante.
Non è un caso, infatti, che gli attivisti dell’opposizione siriana hanno iniziato a paragonare, nel corso degli ultimi mesi, Hezbollah all’ISIS, affibbiandogli, sui social network, il nickname Halish (Partito dell’Iran, o di Dio secondo altre interpretazioni, nel Libano e nello Sham). Si tratta di un parallelismo che fa chiarezza sulla situazione siriana: del resto, per esempio, Hezbollah, in alcune zone del Paese, ha attuato la pena capitale della decapitazione, ha imposto la jizya ai non musulmani e ha dichiarato guerra all’apostasia. Nel frattempo, al-Nusra ha iniziato a essere dipinta come un gruppo giusto, ma questa è solo una speculazione propagandistica che dev’essere presa in considerazione.
Per quanto riguarda la solidità interna del partito, a prescindere dalle sue posizioni, del suo status e dalla sua scarsa capacità di mantenersi distante dal regime siriano, Hezbollah potrebbe dover affrontare un altro tipo di problematica, che non è soltanto legata alla sua posizione con il regime di Assad. Infatti, immaginando che la guerra siriana prosegua per altri anni a venire, quali conseguenze potrebbero esserci per i suoi membri? Che differenza ci sarebbe tra la generazione di militanti che ha combattuto la guerra contro Israele nel 2006 e quella di coloro che lottano in Siria?
In conclusione, tra una dichiarazione in favore e una contro Hezbollah: la critica non sarà di certo fatale per la Siria, ma la degenerazione dell’estremismo, forse, sì.