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Mi chiamo Jihad, e non sono un terrorista

Di Fatima Hanan Elreda. Your Middle East (07/04/2015). Traduzione e sintesi di Silvia Di Cesare.

Deve avere quasi 4 anni. Jihad Yaghi è nato nel novembre del 2011 e il suo nome ha suscitato molte curiosità e polemiche. Nel tentativo di dimostrare l’inesistenza di un collegamento tra il suo nome e il tipo di persona che Jihad sarebbe diventato, il Daily Mail ha riportato la nascita del bambino con un articolo che diceva: “Non vi è assolutamente nessun indizio che ci possa far pensare che Jihad crescerà per diventare il terrorista che il suo nome suggerisce”.

Come per molte altre persone che condividono il suo nome, ora usato per i gruppi terroristici che sostengono di combattere sotto la bandiera dell’Islam, il nome di Jihad infonde paura.

Jehad Matar vive in Spagna e scrive il suo nome con la “e”, ma questo non influenza il suo significato. Il 36enne australiano di origini libanesi ritiene che i media hanno alimentato “la paura per mantenere la gente confusa, spaventata e terrorizzata dall’Islam e dai musulmani”.

Etimologia araba

Per capire il significato di una parola si deve guardare la sua radice. La parola jihad deriva dalla radice jahada che significa ‘sforzare, lottare, fare uno sforzo’. Quindi la forma nominale del termine jihad significa ‘lotta’. Quando una persona si sforza, lei è un mujahid (sostantivo) o jihadista (aggettivo o sostantivo).

Interpretazione islamica

La parola jihad è citata 41 volte nel Corano. La maggior parte delle volte si accompagna alla frase “sulla via di Dio”. La definizione islamica di jihad comprende vari aspetti della vita, l’azione militare inclusa.

Il jihad può riferirsi allo sforzo individuale e spirituale nella pratica e nella diffusione dei principi dell’Islam.

Quando si dice una parola di gentilezza a qualcuno che non è stato gentile con noi, questo è  jihad. Quando si solleva la voce contro l’ingiustizia, questo è jihad.

Questo fa di un musulmano o di una musulmana un jihadista, ma lo rende un terrorista?

Non si può negare che il jihad può essere di natura militare, ma solo dopo aver esaurito tutte le possibilità pacifiche e quando l’Islam e i musulmani devono affrontare una minaccia diretta, solo allora il jihad è inevitabile per l’auto-difesa.

Uso moderno

Il jihad è entrato a far parte di molti dizionari negli ultimi anni. La maggior parte di essi traducono questo sostantivo come “guerra santa”, in particolare quella condotta dai musulmani contro i “non credenti”.

In realtà il jihad è stato derubato del suo vero e divino significato.

Prendiamo come esempio lo scenario dell’Iraq contemporaneo. Da una parte vi è Daesh, un gruppo terroristico noto per i suoi omicidi spietati. I suoi militanti sono spesso indicati come jihadisti. Ma lo sono? Assolutamente no.

Dall’altra parte ci sono le forze di difesa popolare che hanno aderito alla lotta contro Daesh. La massima autorità religiosa irachena ha emesso un editto chiamando al jihad contro il gruppo terroristico. Sono cattivi? No, eppure sono jihadisti. Stanno combattendo contro i nemici dell’Islam e tuttavia non sono terroristi.

Non si è ancora compreso completamente la portata del travisamento del significato della parola jihad e l’impatto che essa ha nella creazione dell’immagine dell’Islam. Per sconfiggerla dovremmo intraprendere una guerra di parole, semplicemente perché le parole sono alcune delle armi più potenti che abbiamo.

“Non uccidere nessuno oggi”, scherza un ufficiale statunitense con Jehad durante un viaggio d’affari in California. Mentre gli ridà il suo passaporto Jehad, nonostante lo sgomento, riesce a  forzare un sorriso.

Suo zio, che parla spagnolo come molti residenti in California,  ha riso molto del suo racconto. Confuso Jehad gli chiese perché trovasse divertente la cosa. “Matar (che in arabo significa pioggia) significa ‘omicidio’ in spagnolo” disse lo zio. Jehad capì che aveva ragione a ridere. 

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