“Ci rendiamo conto dell’importanza della luce quando vediamo le tenebre. Ci rendiamo conto dell’importanza della nostra voce quando ci mettono a tacere. Analogamente, quando eravamo nello Swat, nel Nord del Pakistan, abbiamo capito l’importanza delle penne e dei libri quando abbiamo visto le pistole”.
Così, con la semplicità e la purezza di un’adolescente e la determinazione di chi è consapevole dei propri diritti, orgogliosamente avvolta nello scialle che fu di Benazir Bhutto, Malala Yousafzai ancora una volta ha stupito e commosso il mondo con un discorso pronunciato il 12 luglio, giorno del suo sedicesimo compleanno, davanti all’Assemblea della gioventù dell’ONU, alla presenza del Segretario generale Ban Ki-moon, e dell’inviato speciale per l’Educazione globale ed ex Primo ministro britannico, Gordon Brown.
Non sapeva da dove cominciare la giovane pachistana, eppure, soltanto nove mesi dopo il terribile agguato che un gruppo di talebani le ha riservato affinché non parlasse più di diritti delle donne e di istruzione, eccola di nuovo, fiera e forte, pronta a lanciare, con le parole giuste, il suo grido in difesa dei diritti dei più deboli.
Il messaggio è apparso chiaro: soltanto l’istruzione potrà combattere l’ignoranza e la violenza dei talebani: “Il saggio proverbio ‘la penna è più potente della spada’ dice la verità, – ha affermato – gli estremisti hanno paura dei libri e delle penne, il potere dell’educazione li spaventa. Hanno paura delle donne, il potere della voce delle donne li spaventa. Per questo motivo hanno ucciso 14 studenti innocenti nel recente attentato a Quetta ed è per questo che uccidono le insegnanti donne. Questo è il motivo per cui ogni giorno fanno saltare le scuole, perché hanno paura del cambiamento e dell’uguaglianza che porteremo nella nostra società”.
E a sostegno di quanto affermato, Malala ha citato la risposta data da un suo compagno ad un giornalista che gli chiedeva perché i talebani fossero così ostili all’istruzione: “La sua risposta è stata molto semplice. Indicando il suo libro ha detto: un talebano non sa cosa c’è scritto in questo libro”. Un esempio disarmante, che non lascia spazio ad equivoci.
Un grido convinto dunque, da cui emerge chiaramente quanto Malala non si sia lasciata affatto intimidire dall’attentato subito ma, al contrario, ne sia uscita rafforzata: ”Pensavano che i proiettili ci avrebbero fatto tacere, ma hanno fallito. Da quel silenzio sono nate migliaia di voci. I terroristi pensavano che avrebbero cambiato i nostri obiettivi e fermato le nostre ambizioni ma nulla è cambiato nella mia vita, tranne questo: la debolezza, la paura e la disperazione sono morti. E’ nata la forza, la potenza e il coraggio”.
Si è autodefinita una ragazza come tante Malala, portavoce di chi voce non ha. Ha parlato dell’Islam come di una religione di pace strumentalizzata dai talebani verso i quali però, non nutre vendetta perché conosce il perdono insegnatole dai genitori e uno dei suoi desideri è proprio quello di garantire l’istruzione anche alle figlie e ai figli degli estremisti. Ha citato i suoi modelli di vita Malala, e si fa davvero fatica a credere che a parlare possa essere una ragazza di 16 anni: “Questa è la compassione che ho imparato da Maometto, il profeta della misericordia, Gesù Cristo e Buddha. Questa è l’eredità del cambiamento che ho avuto da Martin Luther King, Nelson Mandela e Muhammad Ali Jinnah. Questa è la filosofia della non-violenza che ho imparato da Gandhi, Bacha Khan e Madre Teresa. E questo è il perdono che ho imparato da mia madre e mio padre. Questo è ciò che la mia anima mi dice, essere tranquillo e amare tutti”.
Commozione, stupore e rispetto hanno letteralmente invaso gli sguardi dei giovani presenti, dei genitori stessi e in particolare della madre, che per la prima volta si è mostrata alle telecamere. Lo stesso Ban Ki-moon ha ascoltato attonito e commosso questa piccola donna che, con tono deciso, ha espresso concetti profondi e chiari e ha ammonito i leader mondiali affinché promuovano dialoghi di pace e politiche mirate a garantire il diritto all’istruzione ad ogni bambino e ad ogni donna.
Malala si è detta stanca del terrorismo, dell’estremismo e dei conflitti che penalizzano soprattutto i più deboli e impediscono ai bambini di andare a scuola: “Donne e bambini soffrono in molte parti del mondo in vari modi, – ha affermato – in India, bambini innocenti e poveri sono vittime del lavoro minorile. Molte scuole sono state distrutte in Nigeria. In Afghanistan la gente è stata ostacolata dall’estremismo da decenni. Le ragazze giovani devono lavorare in casa e sono costrette a sposarsi in età precoce. La povertà, l’ignoranza, l’ingiustizia, il razzismo e la privazione dei diritti fondamentali sono i principali problemi che uomini e donne devono affrontare”.
A tutto questo Malala vorrebbe porre fine con una petizione, già firmata da 4 milioni di persone, per sostenere i bambini che non possono andare a scuola e che secondo l’ultimo rapporto dell’Unesco e di Save the Children sarebbero circa 57 milioni.
Le parole di Malala potrebbero risultare utopiche, ma la forza delle idee, a volte, va oltre l’utopia e l’ignoranza, e così, questa giovanissima pachistana candidata al Premio Nobel per la pace, sollevando l’indice della mano destra, si è congedata dall’assemblea lanciando un invito alle armi ” Facciamo una battaglia contro l’analfabetismo, la povertà e il terrorismo, parliamo, riprendiamoci i nostri libri e le nostre penne che sono la nostra arma più potente. Un bambino, un insegnante, un libro e una penna, possono cambiare il mondo. L’istruzione è l’unica soluzione, l’istruzione prima di tutto”.
Parole che devono aver turbato non poco i talebani, al punto che Adnan Rasheed, leader del gruppo Tehrik-e Taleban, lo stesso che ha rivendicato l’attentato alla giovane pachistana, dopo l’ intervento di Malala all’Onu, le ha scritto una lettera in cui si dice dispiaciuto per l’agguato, pur non risparmiandole polemiche per alcune sue dichiarazioni ritenute denigratorie dal gruppo. Non un vero atto di scuse dunque, ma un dato è comunque certo: le parole di Malala hanno indotto i talebani ad usare la penna.