L’evidente bigottismo di Netanyahu sull’unità palestinese

Di Bakir Oweida. Asharq al-Awsat (24/06/2014). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi.

A prescindere da quanto sia improbabile che Hamas abbia rapito tre coloni israeliani poco tempo dopo la firma dell’accordo con Fatah, il primo ministro israeliano Netanyahu sta sfruttando l’accaduto per distruggere la riconciliazione palestinese. Ed è dovere di Hamas, di Fatah e dell’Autorità Palestinese fare in modo che ciò non accada.

Già prima che l’accordo fosse annunciato, Netanyahu non aveva mai nascosto il suo rifiuto verso ogni potenziale riconciliazione palestinese ed aveva inviato una serie di avvertimenti riguardo alle conseguenze sui negoziati israelo-palestinesi. Di fatti, dopo che il 23 aprile scorso Hamas e Fatah hanno sancito il loro temuto riavvicinamento, gli israeliani si sono ritirati dai colloqui. Tuttavia, i tentativi di Netanyahu per evitare che la comunità internazionale accogliesse con favore la tanto agognata pacificazione palestinese e riconoscesse il governo di unità nazionale sono falliti.

L’opposizione del premier israeliano nei confronti di questo governo si basa sul fatto che esso è frutto della riconciliazione palestinese. La sua posizione è caratterizzata da un evidente bigottismo. Netanyahu, infatti, si è sempre rifiutato di trattare in modo serio e sincero con i leader palestinesi. Ciò dimostra come non sia interessato a raggiungere un accordo con qualsiasi governo di unità nazionale – l’unica vera pace.

Se così non fosse, come si spiega che il governo israeliano ha formato una “squadra” speciale per vagliare ulteriori reazioni, oltre all’imposizione di “sanzioni”, di fronte alla nuova realtà securitaria e diplomatica rappresentata dal governo di unità nazionale palestinese? Vale la pena ricordare che si tratta di un insieme di tecnocrati, formato per unire la società e le istituzioni palestinesi e che non include ministri di Hamas.

Ciò ci riporta alla scomparsa dei tre coloni israeliani, alle accuse di rapimento rivolte da Tel Aviv ad Hamas e alla possibilità che Netanyahu possa usare l’incidente come pretesto per una “risposta” militare. Le circostanze della loro sparizione in Cisgiordania rimangono poco chiare, ma sia il governo palestinese che Hamas hanno negato il loro coinvolgimento.

È possibile che membri integralisti di Hamas, quelli che rifiutano ogni accordo con Fatah fin tanto che riconoscerà lo Stato di Israele, siano loro i responsabili? Certamente sì. D’altro canto, rimanendo nel campo delle ipotesi, può anche darsi che i tre giovani siano stati “rapiti” apposta per creare un allarme securitario ed incitare Netanyahu ad un certo tipo di reazione.

Ancora non si sa come andrà a finire la vicenda. Sarà un caso simile a quello di Gilad Shalit? Forse gli israeliani cercheranno di sfruttare l’accaduto per spezzare la riconciliazione palestinese e il governo di unità nazionale, o per spingersi oltre?

Sono queste le domande che hanno bisogno di una spiegazione. Ciò che è chiaro, invece, è che il corso del processo di pace israelo-palestinese e la riconciliazione palestinese sono insidiati da mine che potrebbero esplodere da un momento all’altro. Serve solo qualcuno che accenda la miccia e ci sono persone pronte a farlo da entrambe le parti.

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