Articolo di Giusy Regina
La stampa araba, nei giorni precedenti alle elezioni politiche ancora in corso in Italia, non ha dedicato che poche pagine alla loro preparazione, importanza e svolgimento.
Ricerche accurate hanno mostrato come, a parte qualche news didascalica, gli approfondimenti e gli editoriali vengono a mancare. Il network al-Jazeera e il quotidiano panarabo al-Quds al-Arabi hanno fatto eccezione, con appena un paio di articoli che ne esaminano la portata. In particolare Joshua Tucker, professore di Scienze Politiche a New York, fa un’analisi tanto interessante quanto complessa sul “voto strategico” che gli italiani avrebbero potuto fare per esprimere la propria preferenza. A differenza del “voto sincero”, che si basa su una comparazione dei vari partiti e della scelta di quello più vicino alle proprie idee e principi, il “voto strategico” si esemplifica nell’esercitare questo diritto per influenzare i risultati. Alcuni studi hanno dimostrato infatti come gli americani ad esempio siano così razionali in questo senso, da votare per un certo partito alle elezioni presidenziali e per il suo opposto a quelle legislative. Secondo Tucker insomma, gli italiani che vogliono vedere Monti al governo voteranno per lui alla Camera ma per Berlusconi al Senato. Allo stesso modo, coloro i quali vogliono Bersani alla guida del paese, voteranno per lui alla Camera e sempre per Berlusconi al Senato.
Un altro editoriale accurato analizza la situazione in Italia da quando il governo tecnico ha preso piede fino alla campagna elettorale: parla delle proposte di Monti associate alla politica di austerity di Carter nel Regno Unito, delle aspirazioni di Grillo e dei favoriti nei sondaggi. Ma soprattutto si legge: “Per la prima volta il centro-sinistra non è caduto nella vecchia trappola di basare la campagna elettorale completamente su Berlusconi e sull’anti-Berlusconismo. E’ la fine di un’epoca”.
I pochissimi articoli a riguardo dunque sono stati accurati e scritti con cognizione di causa, ma ciononostante la stampa araba non si è occupata, se non molto marginalmente, di queste elezioni. Perché? Sicuramente non ci si aspettava un trattamento come quello riservato alle elezioni americane e al suo leader indiscusso e carismatico Barack Obama, che ha occupato le prime pagine di tutti i giornali mondiali, ma una maggiore attenzione, quella sì. Eppure questo fa riflettere. Senza alcun dubbio l’Italia è considerata, o meglio non è considerata, né a livello europeo né mondiale. D’altronde la reputazione di “volta bandiera” e la poca serietà ci precedono, basti guardare i numerosi avvenimenti storici in cui in passato questo paese è stato coinvolto ma mai realmente preso in considerazione.
I paesi arabi però stanno vivendo un periodo molto delicato da circa due anni a questa parte, precisamente dall’inizio della primavera araba, che più che primavera si è rivelata poi un inverno buio e tempestoso. Le tante questioni aperte e mai risolte, dalla Siria al Mali, all’Egitto, all’Iran sono diventate sempre più calde e pericolose non solo per l’equilibrio di quella regione, ma per il mondo intero.
La Siria vive una guerra civile che sta letteralmente distruggendo un popolo e un paese di cui restano solo macerie; in Mali si combatte per fermare ribelli che vogliono rivoltare il governo; l’Egitto convive con il suo candidato democraticamente eletto, esponente dei Fratelli Musulmani, e poco accettato sia dentro che fuori, cercando di capire se effettivamente qualcosa sia cambiato; l’Iran, isolato, minaccia di tanto in tanto l’occidente e Israele con la sua corsa al nucleare; Israele e Palestina vivono la loro interminabile sofferenza.
Non c’è poi tanto da meravigliarsi quindi, se in questo panorama l’Italia e le sue elezioni sono l’ultimo pensiero di chi proprio per avere elezioni democratiche deve lottare a prezzo della vita.
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