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La vendetta di Erdoğan

Erdoğan turchia
Erdoğan turchia

Di Mustafa Zein. Al-Hayat (19/12/2015). Traduzione e sintesi di Federico Seibusi.

Le politiche del Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) turco sono ispirate da numerosi fattori, il più importante di questi è il determinismo geografico e storico a cui si aggiunge una componente religiosa. Come nel caso dell’Iran, questo partito oscilla fra il secolarismo imposto dal volere delle grandi potenze durante la guerra mondiale, che hanno smantellato l’Impero Ottomano, ed il tentativo di restaurare il sultanato; fra un orientamento orientale e il tentativo di unirsi all’Unione Europea; fra un’apertura economica verso la Russia e un’ostilità politica contro la stessa.

La sua ambizione e la restaurazione dell’Impero Ottomano coniugato con la democrazia occidentale – prendendo in considerazione che il paese è composto da un mosaico misto di Turchi, Curdi, Assiri, Siriaci, Alawiti, Arabi e una minoranza Armena, ma l’equità del sistema secolare che fu stabilito da Atatürk fondando la Repubblica nel 1923 non ha incluso queste componenti.

Durante la Guerra Fredda, la Turchia assunse il ruolo di baluardo a Ovest, presso il confine con la Russia, e allo stesso tempo ebbe il compito di ostacolare una qualsiasi azione araba, cooperando con Israele, l’Iran dello Scià e l’Etiopia di Hailé Selassié. In questo periodo non poté promuovere la realizzazione delle sue antiche aspirazioni, ma quando l’AKP prese il potere, poté dare inizio alla restaurazione dell’Impero Ottomano teoricamente e di fatto. La ricerca americana di un cambio di governi nel Levante stimolò la creazione del caos e fornì così l’occasione di restaurare la “gloria”, specialmente in Iraq e Siria, richiamando il sogno del mandato di Mosul e Aleppo, e avvantaggiandosi delle guerre interne nei due paesi, consacrò l’influenza dei suoi gruppi: Fratelli Musulmani, turkmeni ed altri. Attraverso la collaborazione con l’occidente, Ankara ha trovato un nuovo modo per contrastare l’influenza russa crescente nel Levante e ha consolidato il suo modello islamico di democrazia.

Giunto al potere, Erdoğan ha ritenuto questa funzione una carta vincente e ha cominciato a usarla di fronte agli oppositori sia all’interno che all’esterno e perfino di fronte a chi gli ha assegnato questo ruolo. Non è più un segreto che ha aperto i confini del paese davanti a migliaia di mercenari e terroristi che si dirigevano in Siria per “aiutare il popolo”, far cadere il governo e cooperare nella creazione di un altro regime. Inizialmente, il presidente turco si è rifiutato di unirsi alla coalizione internazionale contro Daesh (ISIS) e ha lasciato i confini aperti a chiunque; ma dopo l’intervento della Russia è stato posto un limite al suo operato che aveva lo scopo di aprire i confini a migliaia di rifugiati che si sono riversati nel Vecchio Continente. Tutto ciò ha forzato i paesi europei a riprendere i negoziati per l’entrata della Turchia nell’Unione affinché lo stato turco ponga un limite alla corrente umana che ha risvegliato il razzismo dei partiti estremisti locali.

Erdoğan ha utilizzato l’appoggio ai terroristi in Iraq e Siria, la carta dei rifugiati, come anche il suo esser membro della NATO per ritornare al tavolo dei negoziati. Non sorprende, che con l’avanzare dei negoziati fra Ankara e Bruxelles, l’Europa adesso abbia bisogno di Erdoğan più che mai e non può sollevare le questioni delle libertà, dei diritti umani e della giustizia, nonostante tutte le violazioni perpetrate in Anatolia, Siria e nord Iraq.

Erdoğan porge la mano in segno di amicizia verso l’Europa, superando l’animosità storica con essa, e si vendica dei popoli che si erano sollevati contro l’Impero Ottomano, poiché i propri stati sono deboli a causa di una fase di riabilitazione che stanno attraversando nel contesto del modello islamico-democratico.

Mustafa Zein è un giornalista ed editorialista del giornale Al-Hayat.

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