Di Dania Akkad. Middle East Eye (13/03/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.
Che significato ha l’anniversario di un conflitto ancora in corso che ha causato la morte di più di 220.000 persone?
Mentre la guerra in Siria entra nel suo quinto anno il 15 marzo – il giorno in cui nel 2011 centinaia di siriani sono scesi in strada a Damasco e Aleppo per protestare – i diplomatici offrono soluzioni e le Nazioni Unite hanno organizzato una mostra fotografica sulle torture in Siria.
Si fanno appelli per giornate mondiali di preghiera e digiuno e 21 diverse organizzazioni umanitarie internazionali hanno rilasciato un rapporto nel quale accusano le potenze mondiali di aver fallito nell’evitare il peggioramento della crisi umanitaria siriana.
Da parte loro, un piccolo gruppo di attivisti siriani e americani quest’anno commemorano l’anniversario twittando i nomi di 100.000 siriani, di tutte le parti del conflitto e di tutte le zone del Paese, che hanno perso la vita nel corso dell’ultimo anno. “Si tratta davvero di prendersi un momento per ricordare il peso e il prezzo che questo conflitto ha comportato per il popolo siriano e per il Paese intero”, dichiara Lina Sergie Attar, una delle leader del progetto. “Bisogna dare a ogni nome il suo spazio e il sui tempo”.
Attar, nata negli Stati Uniti da genitori siriani che hanno poi trasferito la famiglia ad Aleppo, afferma che accade qualcosa di davvero potente quando vengono twittati i nomi dei singoli individui: “Come, dove e quanto sono morti – è una sorta di documentazione della rivoluzione attraverso la storia dei suoi morti”.
Accanto a ogni nome twittato, il gruppo chiede “Quanti ancora?”, usando l’hashtag #howmanymore? per cercare di coinvolgere più utenti possibili. “È quello che vogliamo che la gente ricordi con ogni singolo nome: quante persone ancora dovranno morire perché il mondo capisca che questo conflitto deve finire?”, dice la Attar.
La lista di nomi diffusa dal gruppo arriva dal Centro di Documentazione delle Violazioni con base a Damasco, stessa fonte usata dalle Nazioni Unite. Viene inoltre effettuato un controllo incrociato con la Rete Siriana per i Diritti Umani e l’Osservatorio Siriano.
Lo scorso mercoledì, a turno, membri del gruppo e volontari hanno anche iniziato a leggere i nomi dei siriani morti di fronte alla Casa Bianca, attività già condotta lo scorso anno. I lettori vengono incoraggiati, una volta finito di leggere, ha condividere i nomi dei loro cari e spesso, dice la Attar, alcuni volontari hanno una loro lista personale.
“Bisogna che la gente ricordi che questa lista non è completa: si tratta solo delle vittime confermate da nome, data, luogo e causa della morte”, spiega la Attar, concludendo: “Purtroppo, non credo che sapremo mai quante persone sono state uccise in Siria”.
Dania Akkad è una giornalista specializzata in Medio Oriente.
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