Di Hazem Saghieh. Al-Hayat (12/12/2017). Traduzione e sintesi di Federico Seibusi.
La recente decisione di Donald Trump sulla città di Gerusalemme solleva degli aspetti importanti, come l’ingiustizia che affligge i palestinesi, la politica irrazionale di Trump, così come l’espansionismo e l’arroganza di Israele. Tuttavia, l’aspetto non meno importante, che è rimasto celato, riguarda la composizione culturale delle città nel panorama del Levante e dell’Oriente di cui Gerusalemme fa parte. Sicuramente, nonostante le molteplici ragioni e le svariate situazioni, la morte rappresenta un tratto condiviso da tutte queste città.
In effetti, il passato recente è testimone di quanto è accaduto a Mosul e a Raqqa, come anche a Kirkuk, città curda, turkmena e araba allo stesso tempo. Ma prima è stato il turno di Aleppo, che divisa tra la sua metà orientale e quella occidentale, in quell’occasione è stata distrutta come se il suo tessuto cittadino fosse uniforme e cosmopolita.
Inoltre, il volto e lo spirito di Beirut non smettono di subire traumi e ferite evidenti che influenzano la fragilità presente nella comunicazione fra la sua metà orientale e quella occidentale, che ebbe inizio con il conflitto a metà degli anni settanta. Da parte sua, Alessandria, città nota per il suo pluralismo, ne è stata privata progressivamente per mano del regime militare egiziano negli anni cinquanta. Dunque, quando oggi si fa riferimento alla “giudaizzazione di Gerusalemme”, la sua espressione va oltre il suo significato spiacevole di impoverimento e espropriazione, poiché non solo affligge la struttura cittadina e culturale, ma anche la storia variegata della città.
Mentre il dibattito sul “collasso degli stati e delle nazioni” si diffonde, sembra che vi sia una transizione verso una fase più dettagliata e interna, rappresentata dal collasso delle città. Questo crollo è il risultato della tirannia, dell’unilateralismo e dell’imposizione esclusiva di un determinato gruppo, sia nazionale, religioso o di altro tipo. In questo contesto, fanatismo religioso e nazionalista a parte, l’azione degli arabi, dei curdi, degli israeliani e di altri popoli o comunità della regione si equivale.
La realtà delle città e il progetto del loro futuro non sono determinati da un testo religioso o da un mito etnico che dona priorità ed esclusività a un popolo o a una comunità, a spese della vita stessa. Sfortunatamente questo è quanto accade, tuttavia, divenuta parte del passato, sarà considerata una realtà di fatto.
In questo contesto, il regime iraniano sta esercitando ciò che Hazem al-Amin ha definito “giocare con le origini della regione”, attraverso la dislocazione delle comunità, il collegamento e lo smantellamento dei paesi di questa regione. Nel frattempo, uno dei suoi affiliati, Qays al-Khazali, leader della milizia irachena filo-sciita “Asaib Ahl al-Haq” (“La Lega dei Giusti”) sarà il primo a scatenarsi proprio a causa della visione del caso di Gerusalemme come una questione ricca di varie sfaccettature e non solo come una città con dei cittadini.
Hazem Saghieh è un giornalista libanese ed editorialista del giornale panarabo Al-Hayat
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