L’opinione di Al-Quds al-Arabi. Al-Quds Al-Arabi (14/08/2014). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti.
L’Egitto ha impedito l’entrata nel Paese a due direttori di Human Rights Watch, l’organizzazione che lo scorso martedì ha pubblicato un report su quello che è accaduto il 14 agosto 2013 in Piazza Rabaa e Nahda, al Cairo. In esso, le autorità egiziane sono state accusate di aver compiuto una delle più violente operazioni contro i dimostranti (in questo specifico caso, pro Morsi) nella storia contemporanea dell’Egitto.
In particolare, il rapporto conferma che i crimini compiuti erano stati progettati per colpire duramente i manifestanti. Infatti, dalla promessa di notificare con preavviso, permettendo alle persone di uscire dalle piazze, le forze dell’ordine sono passate all’intervento, usando bulldozer e mezzi corazzati per distruggere le barricate, centinaia di soldati che hanno aperto il fuoco sulla folla e cecchini che hanno iniziato a sparare dai tetti degli edifici circostanti, soprattutto in direzione dell’ospedale Rabaa, adiacente all’omonima piazza. Al contrario, le autorità egiziane hanno riferito che la responsabilità è da attribuire ai manifestanti, i primi ad aver sparato contro gli agenti di sicurezza.
Il rapporto mette anche in luce l’incongruenza nel numero di vittime dichiarate. Secondo HRW, infatti, almeno 817 civili hanno perso la vita, mentre secondo le fonti ufficiali, solamente 80 sarebbero le vittime degli scontri. Inoltre, per evitare ogni coinvolgimento di tribunali internazionali, l’Egitto ha iniziato a istituire delle corti che esamineranno più a fondo l’accusa di aver commesso crimini di guerra, contro l’umanità e di genocidio.
Oltre a ciò, non soltanto il report ha scatenato il timore tra le autorità egiziane, ma ha anche sollevato vari paradossi. Infatti, perché Mubarak e Morsi si trovano in prigione con le stesse accuse mentre si fa finta di non vedere la violenza di El Sisi che continua a mostrare in tv i processi degli ex presidenti deposti?
Infine, per chi osserva quello che accade in Egitto, la domanda è: com’è possibile per tutti quegli egiziani preoccupati dell’avvenire dell’Egitto, della dignità del suo popolo, della giustizia e del fiorire della sua economia, sopportare quella carneficina che appesantisce l’animo, senza “alzare quattro dita”? Secondo quale legge morale, religiosa o positivista si può giustificare un crimine di questa portata?
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