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Chi controlla i controllori

Di Mohamed Abassa. Le Matin (03/06/2013). Sintesi di Carlotta Caldonazzo.

Chiedersi chi tiene d’occhio l’intelligence porta allo stesso risultato dell’interminabile fatica di Sisifo, l’assurdo per eccellenza. È unanimemente condiviso invece che gli organi di comunicazione governativi hanno gestito nel modo peggiore la questione della salute del presidente Abdelaziz Bouteflika, come spesso è accaduto a proposito di problematiche riguardanti gli apparati statali.
Comunicare è un mestiere, anzi un insieme di mestieri che richiedono competenze precise, talvolta un’arte, non un compito da assegnare a chiunque. La classe politica attualmente alla guida dell’Algeria non possiede né arte né mestiere, né capacità comunicativa né talento. Il progresso tecnologico in questo non basta: è necessaria l’evoluzione morale, intellettuale e politica, che sono alla base di qualsiasi forma di comunicazione seria. A questo scopo ci vorrebbero secoli di educazione e ri-educazione per far sì che comprendano il significato di “interesse pubblico” o per insegnare loro che alla base della convivenza civile ci sono principi come il rispetto, l’onestà, la solidarietà.
Attualmente l’opinione pubblica non chiede ai dirigenti politici di comunicare in modo efficace, ma almeno di non mentire, di non mistificare, di non impedire l’accesso all’informazione. A volte è meglio non diffondere notizie che diffonderne di false: meglio non informare che disinformare. Invece in Algeria la modernità degli strumenti di comunicazione coesiste con una mentalità retrograda, finendo per fare il gioco della mediocrità.
Quanto a Bouteflika, per la maggioranza degli alti funzioinari di regime non è malato, si riposa. I media ufficiali mostrano infatti un presidente sereno, che confida in una totale e tempestiva guarigione. Ecco dunque un meccanismo tipicamente feudale: basta che un alto dignitario di stato dica qualcosa perché sia creduto. Una logica condivisa dalle dittature di tutti I tempi, che riciclano continuamente la menzogna: oggi va bene, domani andrà meglio. È questa la logica che ha spinto l’Algeria, dall’indipendenza a oggi, verso la povertà economica, l’ingiustizia sociale, la disperazione che spinge centinaia di migliaia di persone a fuggire anche a costo di morire in mare. È questo per molti l’unico modo di migliorare la propria situazione, visto che ai tentativi di lotta per il cambiamento gli apparati di governo hanno saputo rispondere solo con la repressione o con il terrorismo. Tutti dossier gestiti dalle testate filogovernative con la stessa mala fede.
Di certo non figura tra le preoccupazioni dell’intelligence algerina trovare un presidente onesto e capace. Ma chi controlla l’intelligence? Basterebbe un piccolo uomo ma con una grande coscienza. Trenta milioni di algerini potrebbero farlo, ma al prezzo di rischiare la fine di Mohamed Boudiaf, che a questo scopo era stato richiamato dal suo esilio. Non serve lamentarsi né indignarsi, serve un impegno reale per il cambiamento: ne va della salvezza del paese.