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Khaled Said, il martire che ispirò la rivoluzione egiziana

115311_660_ka1Ahram Online (06/06/2013). Era il 6 giugno del 2010, un giovane attivista di Alessandria uscì per recarsi ad un internet cafè, non tornò mai più a casa.

Khaled Said fu pestato a morte da due agenti della polizia in circostanze ancora misteriose, ma fu una terribile foto che lo ritraeva  sul letto dell’autopsia ad infiammare gli animi degli egiziani, al punto che Khaled Said stesso divenne simbolo delle rivoluzione che di lì a poco sarebbe esplosa. L’esasperazione nei confronti della marcia e corrotta polizia aveva raggiunto il limite.

A distanza di tre anni, la famiglia di Khaled si ritrova al punto di partenza: gli agenti di polizia Mahmoud Salah Mahmoud e Awad Ismail Soleiman, condannati a sette anni di reclusione nell’ottobre del 2011, sono in libertà dopo aver presentato un ricorso.

Attualmente sono solamente tre i poliziotti in carcere condannati per aver ucciso o ferito gravemente i manifestanti dal 25 gennaio (sebbene i morti superino gli 800) in poi, aumentando i timori che la giustizia per i martiri che innescarono la miccia della rivoluzione possa non arrivare mai.